Morto Mikhail Gorbaciov, ultimo leader dell'Urss: il discorso con cui ha scritto la Storia
L'ex presidente dell'Urss, Mikhail Gorbaciov, è morto all'età di 92 anni. Lo ha reso noto l'agenzia russa Tass, sottolineando che l'ex presidente che mise finealla guerra fredda è deceduto nell'ospedale dov'era ricoverato.
Era il 25 dicembre del 1991 quando Mikhail Gorbaciov, in un discorso considerato fra i cardini della storia del XX secolo, annunciava le sue dimissioni da presidente dell'Unione sovietica. Padre della Perestrojka e della dottrina Glasnost, protagonista della caduta del Muro di Berlino e insignito nel 1990 del premio Nobel per la Pace "per il ruolo di primo piano nei cambiamenti radicali delle relazioni fra Est e Ovest", Gorbaciov accompagnava la Russia in un nuovo momento storico: al Cremlino veniva abbassata la bandiera dell'Urss, sostituita con il tricolore della Federazione russa.
Per lui si era trattato di una scelta di responsabilità, dichiarò in un'intervista rilasciata alla Bbc nel 2016: "Eravamo sulla buona strada per una guerra civile e volevo evitarlo", "una divisione nella società e una lotta in un paese come il nostro, traboccante di armi, comprese quelle nucleari, avrebbe potuto causare la morte di molte persone ed enorme distruzione. Non potevo lasciare che accadesse solo per aggrapparmi al potere. Dimettermi è stata la mia vittoria". Gorbaciov è rimasto una figura controversa: se in Occidente è considerato da molti un eroe, colui che ha dato la libertà all'Europa orientale e ha permesso la riunificazione della Germania, da molti russi è visto come il leader che ha perso un impero, quello sovietico. Fu lui, però, che condusse la Guerra fredda a una fine pacifica, ragion per cui il comitato del Nobel scelse di premiarlo.
Nato il 2 marzo del 1931 in una famiglia di agricoltori a Privolnoye, sotto il regime di Stalin, visse sotto l'occupazione tedesca nella Seconda guerra mondiale. Dopo la guerra studiò all'università di legge a Mosca, laureandosi nel 1955. Laurea a cui nel 1967 aggiunse quella in Economia agraria all'università di Stavropol. La sua carriera politica nel Partito comunista iniziò poco dopo proprio in questa città, come primo segretario del partito.
Questo ruolo gli permise viaggi all'estero che lo resero gradualmente critico nei confronti dell'inefficiente sistema sovietico, che subì ulteriori pressioni quando l'Unione sovietica invase l'Afghanistan nel 1979. Tra le sue trasferte più importanti, nel 1975 condusse una delegazione nella Repubblica federale di Germania. Nel 1983 guidò una delegazione sovietica in Canada per incontrare il primo ministro Pierre Trudeau e alcuni membri della Camera dei Comuni del Paese nordamericano. Nel 1984 partecipò come delegato sovietico ai funerali a Roma del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, mentre nello stesso anno incontrò nel Regno Unito la prima ministra Margaret Thatcher.
Con il suo ministro degli Esteri, Eduard Ševardnadze, conseguì poi il ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan, messo in pratica dopo la stipula degli Accordi di Ginevra del 1988.
Nel 1985 Gorbaciov fu eletto segretario generale del partito, nuovo leader dell'Unione Sovietica. Cercò di riformare il comunismo e introdusse i concetti di "Glasnost" (apertura) e "Perestroika" (cambiamento). La società fu liberalizzata e Gorbaciov cercò la distensione con gli Stati Uniti per poter trasferire i fondi dalla difesa alla società civile. Dichiarò che non avrebbe sostenuto i regimi comunisti in altri paesi se i loro popoli si fossero opposti a loro. Iniziò così una reazione a catena che portò alla caduta del comunismo in Europa.
L'11 ottobre 1986 arrivò anche un'epocale svolta sull'arresto agli armamenti, quando incontrò il presidente statunitense Ronald Reagan a Reykjavík in Islanda per discutere la riduzione degli arsenali nucleari installati in Europa. Tutto ciò condusse nel 1987 alla firma del Trattato INF sull’eliminazione delle armi nucleari a raggio intermedio. Nell'aprile di quell'anno dovette anche gestire il disastro nucleare della centrale di Chernobyl, nella Repubblica Ucraina allora parte dell’Unione sovietica.
Il 1989 vide gli effetti distensivi della sua politica arrivare ai massimi, con la caduta del muro di Berlino il 9 novembre. Il resto di quell'anno fu scandito dalla crescente divergenza tra i riformisti, che criticavano il lento ritmo di cambiamento, e i conservatori, che criticavano l'estensione del cambiamento.
Il 15 marzo del 1990 il Congresso dei rappresentanti del popolo dell'Urss lo elesse presidente dell'Unione Sovietica. Lo stesso anno, cinque mesi dopo, gli fu assegnato il Nobel per la Pace.
Tuttavia, fallì nel riorganizzare economicamente l'Unione sovietica nel suo obiettivo di migliorare le condizioni di vita nel Paese. Le riforme politiche radicalizzarono l'opposizione e nell'estate del 1991, quattro mesi dopo un fallito colpo di Stato nei suoi confronti, Gorbaciov si dimise. L’Unione Sovietica era avviata inesorabilmente verso la sua dissoluzione.
Non perse però il suo fervore e impegno politico. Nel gennaio del 1992 diventò presidente della fondazione Gorbaciov, Fondazione Internazionale Non-Governativa per gli Studi Socio-Economici e Politici. Dal marzo del 1993 fu inoltre presidente e fondatore della Green Cross International, organizzazione ambientalista indipendente presente in più di 30 paesi.
In un'intervista concessa nel 2016 a Bbc, l'ex presidente sovietico è stato critico sulla Russia moderna. "I burocrati", disse, "rubarono le ricchezze della nazione e iniziarono a creare corporazioni". Criticò anche uno dei più stretti collaboratori dell’attuale presidente Vladimur Putin, Igor Sechin, capo del gigante petrolifero Rosneft, accusandolo di cercare di influenzare gli affari di stato. Ma ebbe anche parole dure per l'Occidente. "Sono sicuro che la stampa occidentale abbia ricevuto istruzioni speciali per screditare Putin e sbarazzarsi di lui. Non fisicamente. Solo per assicurarsi che si faccia da parte. Ma, di conseguenza, il suo indice di popolarità qui ha raggiunto l'86%. Presto sarà del 120%".
Al suo 91esimo compleanno ha incontrato i giornalisti Maria Ressa e Dmitry Muratov, a cui è stato assegnato il Premio Nobel per la pace nel 2021. Muratov è il direttore di Novaja Gazeta, una delle poche voci indipendenti nella Russia di Putin, nonché settimanale che lo stesso Gorbaciov finanziò nel 1993. Sulla situazione attuale, riguardante la guerra tra Russia e Ucraina, il suo appello è però stato monolitico e disarmante: "Fate il possibile per fermare Putin".
Per lo scrittore e amico János Zolcer, che su di lui ha scritto un libro, Gorbaciov ha lasciato un'eredità senza precedenti: "Essere qui a parlare liberamente. Questa è l’eredità più grande di Gorbaciov. Ha dato la libertà all’Unione sovietica e ai popoli dell’Europa orientale. Ci ha detto ‘siete voi gli artefici della vostra vita’, il modo in cui l’ha fatto ha cambiato la nostra vita".
(LaPresse)