Vladimir Putin? "Lo vuole fare nel cuore dell'Europa": indiscrezioni terrificanti
Se da un lato l'Occidente lavora per trasformare la Russua in un paria nella comunità internazionale, dall'altro Mosca continua a intessere la sua rete di partner alternativi. Iran, Turchia, Cina, paesi del Golfo e Serbia, i cui legami con Mosca paradossalmente sono ai massimi livelli da quando è iniziata la guerra in Ucraina. Ora si inizia a sussurrare persino della possibilità che venga aperta una base militare russa in Serbia.
L'ambasciatore russo straordinario e plenipotenziario a Belgrado, Alexander Botsan-Kharchenko, l'ha definito «un affare sovrano del Paese stesso». Un modo per dire «se ce lo chiedono, siamo pronti». Ha anche sottolineato che la Serbia è un Paese amico e che Belgrado «rifiuta fermamente le sanzioni contro la Russia». Allo stesso tempo, ha sottolineato come la Russia garantisca la stabilità energetica in Serbia (a cui viene fornito gas low cost). Inoltre, i Paesi continuano la cooperazione tecnico-militare.
Che la parabola di avvicinamento militare di Belgrado verso Mosca possa accentuarsi ancora di più non è da escludere. Già a gennaio si vociferò di una possibile adesione della Serbia all'alleanza di protezione reciproca CSTO capeggiata dalla Russia (sorta di erede del patto di Varsavia). Non se ne fece nulla anche perché l'intera politica estera della Serbia si basa sul principio della neutralità militare. Per un Paese circondato dalla Nato si tratta di una strategia di sopravvivenza geopolitica. Tuttavia, non è un mistero che la Serbia abbia mantenuto una neutralità di facciata nelle crescenti tensioni nate tra Occidente e Russia.
FRA DUE MONDI
Da un lato, ad esempio, ha firmato l'Accordo di stabilizza zione e associazione con l'Unione Europea, accettando di allineare la propria politica estera e di sicurezza a quella dell'Ue, dall'altro ha bisogno del forte sostegno diplomatico del Cremlino per bloccare il processo di riconoscimento in ternazionale dell'indipendenza del Kosovo.
Da par suo, la Russia vede i Balcani come un teatro in cui inserirsi tra le instabilità crescenti per essere una spina nel fianco della Nato e dell'Occidente in generale. Già dal 2016, per inciso, la Serbia ospita un contestatissimo centro umanitario congiunto russo-serbo a Ni, a poche decine di chilometri dal Kosovo, che per l'Occidente non sarebbe altro che una base camuffata e un centro operativo per le spie del Cremlino, mentre appena due anni fa il Ministero della Difesa russo ha aperto un ufficio di collegamento in Serbia nel tentativo di rafforzare i legami militari con il tradizionale alleato balcanico.
SPIE RUSSE MISSILI CINESI
E proprio in merito all'attività di questo centro all'ambasciatore russo a Belgrado è stato chiesto dell'ipotesi di apertura di una base vera e propria (la Russia ne ha dislocate fuori dai propri confini solo in alcune ex Repubbliche sovietiche, in Siria e in Transnistria). Per ora dalla Serbia fanno sapere che non c'è nulla di concreto e che in questa situazione l'ipotesi sarebbe oltremodo irrealizabile dal punto di vista logistico. Ma tra l'arrivo dei missili cinesi terra-aria Hq-22 lo scorso aprile e il legame sempre più stretto con Mosca, per Bruxelles la politica estera della Serbia è una ferita che potrebbe sanguinare sempre di più, specie in un clima di nuova escalation nell'area balcanica.
Dai satelliti della Nasa arrivano rilevazioni che dimostrano come Mosca sia in difficoltà dal punto di vista delle vendite di combustibili. «La Russia sta bruciando il gas in eccesso che non esporta nei Paesi europei», sostiene il quotidiano spagnolo El Mundo, secondo cui le immagini satellitari del sistema di monitoraggio degli incendi della Nasa mostrano le fiamme nella stazione di compressione di Portovaya, di proprietà di Gazprom. Il servizio dell'agenzia spaziale americana mostra roghi non dichiarati da metà giugno, cioè dal momento in cui sono state limitate le consegne del Nord Stream 1. In Ucraina intanto proseguono gli scambi di accuse tra Mosca e Kiev circa la responsabilità dei combattimenti intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhya, la più grande d'Europa, che funziona a regime ridotto dopo gli attacchi di venerdì e sabato. La Russia, che ne detiene il controllo, sostiene che l'Ucraina voglia bombardarla per creare panico nella popolazione locale in vista del referendum di adesione alla Federazione russa previsto per settembre. L'Ucraina sostiene che Mosca vuole distruggere il sito e mostra video con i movimenti di mezzi militari intorno alla centrale.