Droni sequestrati a Gioia Tauro, "traffico d'armi": l'ombra del Cremlino
Mosca prova a importare componenti militari americane per droni dual use utilizzando l'Italia come scalo intermedio. Tutto sarebbe partito dal Canada, passando poi per Gioia Tauro e arrivando infine in Russia. Peccato però che l'ultima parte dell'operazione non sia andata a buon fine. Come riporta Repubblica, infatti, circa un mese fa le autorità italiane hanno individuato queste attrezzature dal valore di decine di milioni di euro e le hanno messe sotto sequestro.
"200mila dollari per tradire": il tariffario russo per i disertori, il più sporco dei giochi
Il Cremlino non era interessato ai droni, ma ai sistemi che contribuiscono al loro controllo e alla loro guida. Le componenti americane su cui i russi avevano messo gli occhi avrebbero potuto aiutarli a dare la spallata finale a Kiev, prendendo prima tutta l'area orientale e poi proseguendo verso il centro o anche lungo la fascia costiera dell'Ucraina. Per Mosca sarebbe stata fondamentale la tecnologia avanzata di cui dispongono gli Stati Uniti. Di qui l'idea di importare di nascosto le componenti americane per i droni.
Ucraina, i vecchi "cassoni" possono fare la differenza in un conflitto aperto
La partita, arrivata in Italia dal Canada, avrebbe dovuto lasciare il porto di Gioia Tauro per sbarcare in Qatar. Questa la versione ufficiale. Poi nella pratica era probabile che il materiale finisse nelle mani dei militari russi in un eventuale scalo intermedio. Secondo l'ipotesi più accreditata, l'imbarcazione con quelle attrezzature a bordo avrebbe potuto spegnere il localizzatore gps dopo aver lasciato le coste italiane, per poi fare rotta sulla Siria, Paese che ospita una base militare russa. La procura indaga adesso per traffico internazionale, mentre una squadra dell'Fbi sarebbe volata in Italia per fare luce sull'accaduto.
Video su questo argomentoKremenchuk, strage al centro commerciale: le immagini dal drone