Referendum giustizia, la denuncia: "Non ci hanno fatto votare", che fine hanno fatto le schede
Le elezioni di ieri, domenica 12 giugno, si sono tenute nel segno della polemica. Non solo il caos seggi a Palermo, ma anche la denuncia degli italiani all'estero, che hanno parlato di plichi per i referendum sulla giustizia arrivati in ritardo o mai consegnati. Un centinaio di segnalazioni è arrivato dal Comites (Comitato degli Italiani all'Estero) di Miami, che è il secondo per ampiezza negli Stati Uniti dopo quello di New York. I consolati avrebbero dovuto spedire le buste ai cittadini italiani entro il 25 maggio per permettere loro di riflettere sui quesiti, compilare le schede e rimandarle nella sede della rappresentanza diplomatica. Qualcosa, però, sarebbe andato storto.
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Il presidente del Comites Andrea Di Giuseppe, sentito dal Giornale, ha detto di aver ricevuto decine e decine di chiamate dai suoi connazionali, che si lamentavano per non aver ricevuto le proprie schede elettorali o per averle avute soltanto pochi giorni prima del termine ultimo per la riconsegna, previsto per il 9 giugno. Chi non risiede in Florida e ha avuto i plichi il 7 giugno, per esempio, ha avuto difficoltà a rispedirli al consolato di Miami. Intervistato dal Giornale, Pasquale Cetera, consigliere del Comites di Miami, ha spiegato: "La spedizione in Florida richiede almeno due giorni e la consegna avviene solitamente dopo le cinque del pomeriggio". Lui tra l'altro sarebbe tra quelli che non ha mai ricevuto il plico.
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"Mi dispiace molto non aver potuto votare sia perché si tratta di un tema, quello della giustizia, che mi sta a cuore, sia perché credo fortemente nella democrazia", ha continuato Cetera. Il console generale a Miami Cristiano Morsillo aveva parlato di questo problema già lo scorso 31 maggio, dicendo che molte difficoltà erano causate dal weekend lungo per il Memorial Day, ma anche "dall'estrema scarsità della carta" e dal difficile reperimento di persone che imbustassero i circa 360mila plichi da spedire. "Quelle del consolato mi sembrano motivazioni risibili. Il problema, piuttosto è di mancanza di volontà politica: secondo uno studio del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, per permettere ai nostri connazionali di votare sarebbero serviti 42 milioni di euro, mentre il ministero degli Esteri ne ha stanziati circa la metà", ha spiegato Cetera.
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