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Paul Kennedy, la nera profezia sulla fine della guerra: "Ecco perché Putin non può più vincere"

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Paul Kennedy, lo storico di "Ascesa e Declino delle grandi potenze" fa un'analisi chiara delle possibilità di vittoria di Putin in questa guerra. In un'intervista a La Stampa spiega quali sono i motivi per cui Putin ha scarse possibilità di vittoria. Una vera e propria profezia quella di Kenendy che traccia il futuro della guerra e prova a spiegare come finirà: "Non c'è alcuna chance di vittoria, né di tenere parti dell'Ucraina. Serve un compromesso da ricercare probabilmente alle Nazioni Unite, in un luogo e con persone per definizione neutrali che possano trovare la miglior via per mettere fine a questo conflitto. Poi bisogna rivolgersi al popolo russo, in modo onesto, spiegando che pensavamo ci fossero un complotto e sentimenti antirussi in Ucraina, ma che ora un compromesso con Kiev è fondamentale. E credo che la maggioranza della popolazione sarebbe sollevata vedendo la fine del conflitto. I russi hanno visto i loro figli e i loro nipoti morire indossando la divisa di un esercito fiacco e inefficace. Così come i russi furono contenti di lasciare l'Afghanistan, lo saranno anche di uscire dall'Ucraina. Infine, c'è un aspetto legato alla ricostruzione, alla modernità se vogliamo. È fondamentale dare speranza e prospettive alla gente".

 

Insomma secondo l'analista per lo zar ci sono davvero pochissime speranze per la vittoria finale. Poi parla delle nuove alleanze e sottolinea come sia diventato sempre più saldo il rapporto tra Unione europea e Stati Uniti: "Ritengo che siamo arrivati al punto massimo, il picco di positività nel rapporto fra Ue e Usa. C'è un nemico comune che ha unito anche i sentimenti, come se gli europei comprendessero meglio l'anima dell'America e ovviamente viceversa, nel nome di una sorta di "Noi non siamo come Putin".

 

Infine profetizza una ritrovata unione dell'Europa nonostante i distinguo sulla guerra in Ucraina: "Sappiamo che fra i Paesi europei ci sono delle differenze e delle grandi e piccole rivalità, eppure vi è un sostrato culturale, una comunanza di vedute che va oltre il mercato unico, i commerci e il Pil; è quella la forza dell'integrazione che consente all'Europa di essere vista come una forza nel suo insieme nonostante appunto le differenze fra i Paesi membri". 

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