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Il Battaglione Azov confessa l'indicibile? "Crimini e torture", tam-tam: perché Zelensky ora rischia grosso

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Per Volodymyr Zelensky e Joe Biden la guerra in Ucraina potrebbe avere risvolti inaspettati. A mettere nei guai Kiev e Stati Uniti ci pensa la liberazione dell'acciaieria Azovstal. Qui da settimane erano barricati persone e combattenti che non avevano alcuna intenzione di arrendersi. Con il passare dei giorni però la situazione è diventata sempre più complessa, costringendo il presidente ucraino a impartire l'ordine di resa. Una delusione per gli oltre duemila tangheri, che si sarebbero piuttosto aspettati un blitz americano o inglese per portarli fuori senza darla vinta alla Russia. E invece così non è stato. Molti di loro - ricorda Il Fatto Quotidiano - si sentono traditi e abbandonati non solo da Zelensky, ma dai loro capi e finanziatori.

 

 

Risultato? Il timore è che ora, con i membri dell'Azov su tutte le furie, i combattenti possano vuotare il sacco e svelare le barbarie commesse negli ultimi otto anni in Donbass e nel resto dell'Ucraina. Atti che i membri dell'Azov a processo potrebbero imputare al loro capo, Zelensky. Le trattative per lo scambio dei prigionieri della fonderia, se mai ci saranno riguarderanno l'esercito regolare e non il battaglione. Un dettaglio che getta ulteriore benzina sul fuoco. 

 

 

Ma i guai potrebbero non essere finiti. E nel mirino ci finiscono gli Stati Uniti, o meglio, il loro presidente. Gli americani, nonostante Biden neghi, sanno di essere in guerra con la Russia e temono un'escalation, con l'opzione nucleare non così remota. Non è un caso che in questi giorni sia stata rinforzata la sicurezza dell'ambasciata Usa a Kiev, sicurezza che in realtà dovrebbe spettare a chi ospita. Che Biden non si fidi degli ucraini? Può darsi. Dal 2014 l'intelligence americana è a conoscenza dei dettagli degli interlocutori ucraini e forse per questo non si fida: tant'è che ha fatto abbandonare la sede diplomatica di Kiev prima dell'invasione, contribuendo al panico internazionale.

 

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