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Battaglione Azov, "come stanno torturando i soldati della fonderia": filtrano dettagli terrificanti
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Una testimonianza drammatica, atroce, quella di Robert K., meno di trent'anni, militare del battaglione Azov che racconta quel che ha visto e cosa sta vivendo in un'intervista al Corriere della Sera. "Lui ora lo stanno torturando e gli stanno strappando le unghie. Lui invece è morto. Lui è tornato come me. Di lui invece ho perso traccia da un mese. A lui invece hanno sparato cinque proiettili nella gamba", spiega mostrando un'immagine dal suo smartphone.
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Nell'immagine sei ragazzi in divisa: erano i suoi compagni, "è l'ultima foto che ci siamo fatti tutti insieme", spiega Robert. "Dopo aver combattuto in Donbass sono entrato in una compagnia di sicurezza privata. Poi a febbraio sono tornato con il reggimento", racconta. Chiede di non pubblicare il suo nome per intero, "sono ancora in servizio". E racconta soprattutto le torture che starebbero subendo i militari del battaglione Azov che si sono arresi alla fonderia Azovstal. Torture, unghie strappate, brutalità. Tutto come era stato drammaticamente previsto.
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Robert ha combattuto a lungo a Mariupol. E il Corsera gli chiede: quando avete capito che le cose si stavano mettendo davvero male? "Quando i russi sono entrati dentro il distretto 17. Ci siamo asserragliati dentro l'ospedale numero 2 anche per proteggere i civili. I chirurghi operavano sotto i bombardamenti. Dopo due giorni, hanno fatto irruzione nell'ospedale e hanno sparato ai militari feriti nei loro letti. Ci siamo diretti alla base ma i russi, con i droni, hanno individuato il punto esatto e l'hanno bombardata. Non avevamo più niente. Armi, cibo. Poi hanno colpito l'obitorio. Era pieno di cadaveri fino al soffitto. Mariupol era diventata l'inferno. La mia città", racconta. Robert è riuscito a lasciare Mariupol. Se ne è pentito? "No, perché ho messo in salvo i miei cari. E ora posso tornare a combattere e vendicare i miei compagni", conclude. La guerra continua. E Robert torna all'inferno, torna a combattere.
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