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"Vietato l'ingresso". Lo schiaffo di Boris Johnson agli italiani: per chi il Regno Unito è off-limits

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Dal 30 maggio ai laureati provenienti da università italiane non sarà possibile entrare in Gran Bretagna, se non da turisti: le disposizioni del governo sul visto speciale per "individui ad alto potenziale" li esclude. Il motivo è che, secondo le tre classifiche accademiche internazionali più recenti, usate per assegnare il visto, nessun ateneo italiano eccelle. Dopo la Brexit, libero di esprimere il suo disdegno per l'Europa, il Regno Unito decide così di importare soprattutto laureati americani (le maggiori università statunitensi sono in cima alle classifiche) e, per quanto riguarda l'Europa, solo quelli provenienti da cinque università: i politecnici di Losanna e Zurigo, l'istituto Karolinska svedese, l'università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera, l'Université Sciences et Lettres di Parigi. Porte aperte anche alle università di Hong Kong e di Pechino, alla giapponese Kyoto University e a due università di Singapore.

 


Nessuno spiraglio per la Normale di Pisa, la Bocconi di Milano o il Politecnico di Torino. In teoria non è un'esclusione completa dei laureati italiani: quelli che dovessero provenire da una delle università straniere comprese nella lista stilata dal governo britannico, potranno ottenere il visto. Porte chiuse invece per tutti i laureati, anche i più brillanti, che ottengono il diploma da una qualsiasi università italiana. Ora potremmo anche perdere tempo a elencare scienziati, premi Nobel, grandi ricercatori italiani, e protestare per un'esclusione che sembra muovere da sgradevoli pregiudizi. Del resto, di classifiche di "ranking" accademico ne esistono diverse, ognuna con i suoi parametri: basta scegliere quelle più favorevoli alle proprie politiche d'immigrazione e si otterrà l'esclusione degli studenti di questo o quel paese: nessuna classifica di rendimento è del tutto imparziale.


Ma forse è più utile comprendere il significato di questa esclusione: piaccia o no, la Gran Bretagna ha deciso di puntare sull'assimilazione di laureati tendenzialmente non europei, accogliendo soprattutto i cugini americani (con i quali, per la verità, lo scambio culturale non è mai diminuito) e gli ambiziosi giovani dell'est asiatico. La bocciatura delle università italiane non è tanto un certificato di mediocrità per i nostri atenei, quanto l'espressione del fatto che la cultura europea, in blocco, non interessa al governo inglese.

 


Che nelle nostre università, insieme a mille problemi, ci siano docenti e studenti di altissimo valore lo si può dimostrare, come dicevamo sopra, facendo i nomi (ad es. del prof. Parisi, ultimo premio Nobel per la fisica, che insegna alla Sapienza di Roma) ma questo non persuaderebbe un cittadino inglese allineato con la nuova visione del Regno Unito prospettata dal suo governo. E non è nemmeno (solo) questione di immigrazione a basso costo e qualifica (camerieri e baristi italiani ad esempio) contro una nuova immigrazione tecnologica e qualificata. Se non siamo suscettibili, infatti, notiamo che sono le università europee in generale a essere limitate, non solo le italiane. Sono due visioni del futuro che si scontrano, non è un mero "vietato l'ingresso agli italiani".

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