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Volodymyr Zelensky, "vietato usare quella parola": dopo Azovstal, la censura ai militari

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Adesso arriveranno "i giorni difficili" per lui, e Volodymyr Zelensky lo sa. I fatti di Mariupol, con la resa parziale dei miliziani ucraini bloccati sotto le acciaierie Azovstal e le trattative con i russi per evitare la carneficina ai circa 260 del Battaglione Azov, gli irriducibili ancora asserragliati nel bunker, rischiano di pesare come un macigno sulla reputazione dell'ex comico che in poco più di 80 giorni si era guadagnato la fama di integerrimo, eroico "presidente di guerra". Aveva tenuto testa a Vladimir Putin e agli "orchi" invasori (come vengono identificati dalla propaganda ucraina su Twitter), ora però ha dovuto chinare il capo. 

 

 



E così l'evacuazione sono descritte agli ucraini come una "operazione umanitaria", parole che riecheggiano beffardamente la "operazione speciale russa". Kiev bandisce la parola "resa", Mosca la parola "guerra". Come sottolinea Repubblica, la verità è che "la capitolazione dell'Azovstal è vissuta come un dramma nazionale" e anche a Odessa inizia a serpeggiare il panico: "Finché Azovstal resisteva, ci dicevamo tra noi che Mariupol non era ancora russa, che c'era una speranza. Leggo che lasceranno tornare i nostri soldati dopo uno scambio di prigionieri. Ma come si fa a fidarsi di Putin?", si sfoga un residente con l'inviato di Repubblica. Alla fine Zelensky si è dovuto fidare, ance perché la trattativa è stata gestita dalla vicepremier Iryna Verenshchuk, ironia della sorte uno dei falchi di Kiev. "Siamo stati costretti, non c'era altro modo per salvarli", è l'ammissione della viceministra della Difesa Hanna Mailar

 

 



Dal punto di vista strategico, però, potrebbe diventare un colpo devastante per l'Ucraina. Il Corriere della Sera sottolinea come con Mariupol "il corridoio tra Russa e Crimea è completo". Su quella lingua di terra, "potranno viaggiare testate nucleari fino al porto di Sebastopoli e finire nei sottomarini che garantiscono la reazione atomica contro qualunque aggressore". Dal punto di vista mediatico, altrettanto importante, la resa dei combattenti della Azovstal è invece la fine del mito della resistenza ucraina

 

 

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