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Fonderia Azovstal, il mistero della bandiera bianca: le voci sui marines, cosa è successo davvero?

Daniele Dell'Orco
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Dalla buia e impenetrabile rete sotterranea di ferro e calcestruzzo dell'acciaieria Azovstal, un piccolo barlume di speranza si è acceso per i soldati ucraini rimasti asserragliati da settimane dopo che Mariupol è caduta in mano russa. O almeno per alcuni di loro. Perché ieri è stata concordata una tregua dei combattimenti attorno all'impianto siderurgico, per poter far uscire dalla struttura i militari ucraini feriti. In mattinata i russi avrebbero accolto nove soldati di Kiev usciti dall'acciaieria sventolando la bandiera bianca della resa e si sarebbero consegnati al comandante Alexander Khodakovsky, della brigata Vostok della Repubblica popolare di Donetsk.

Benché gli ucraini abbiano smentito la notizia, è certo che poche ore dopo un corridoio umanitario sia stato aperto davvero, per trasportare i feriti in una struttura sanitaria nella Repubblica popolare di Donetsk. Con buona probabilità dovrebbe trattarsi dell'ospedale di Novoazovsk, città a pochi chilometri dalla frontiera con la Russia.

 

In generale, dalla città sul Mar d'Azov, che prima della guerra contava quasi mezzo milione di abitanti, continua un lento esodo anche di civili. Ieri un convoglio composto da circa un migliaio di persone provenienti da Mariupol è riuscito a entrare, dopo tre giorni di attesa, a Zaporizhzhia.

SENZA SPERANZA
Gli unici per cui la situazione resta disperata sono i miliziani del Reggimento Azov. Dentro l'acciaieria sarebbero ancora presenti circa 500 soldati ai quali però, a differenza di quanto previsto per gli altrettanti membri della 36esima brigata dei marines ucraini, i russi non intendono concedere nessun salvacondotto.

Il presidente ucraino Zelensky domenica, nel consueto video serale, aveva fatto sapere che le trattative con i russi stessero prevedendo anche la sorte dei combattenti ucraini asserragliati dentro Azovstal: «Stiamo proseguendo trattative molto difficili e delicate per salvare la nostra gente da Mariupol, da Azovstal. Ci occupiamo quotidianamente di questo. E la cosa principale è che gli accordi siano rispetta1 La controffensiva ucraina adesso punta su Izyum, un centro piccolo ma strategico per tagliare le linee di rifornimento russe (circa a metà strada tra Kharkiv, riconquistata dagli ucraini, e il Donbass) 2 Nella regione di Kharkiv, uno dei battaglioni ucraini ha respinto l'esercito russo e ha raggiunto il confine 3 I russi hanno sparato contro gli insediamenti di confine della regione di Chernihiv. Sono state registrate circa 30 esplosioni 4 Missili russi sono stati sparati su Mykolaiv, colpendo un quartiere residenziale della città 5 Raggiunto un accordo per evacuare i feriti dall'acciaieria Azovstal di Mariupol. I militari ucraini feriti saranno portati in una struttura medica a Novoazovsk nella Repubblica popolare di Donetsk». 

 

Ma poche ore prima, il consigliere presidenziale e capo della delegazione russa ai colloqui Russia-Ucraina, Vldimir Medinsky, aveva precisato che i combattenti del Battaglione Azov non erano e non sarebbero mai stati oggetto di negoziati politici. Anche perché, tregua momentanea a parte, l'Azovstal continua a essere sotto il fuoco dell'artiglieria e i russi sono certi che, con pazienza e rischiando meno possibile, potranno presto prenderla sotto il proprio controllo totale (strategico per saldare le conquiste nel Sud e nell'Est dell'Ucraina). Anche perché, avrebbero iniziato a utilizzare bombe incendiarie, secondo il consigliere del sindaco Andryushchenko: «Gli stessi occupanti affermano che sono stati usati proiettili incendiari 9M22C con strati di termite.

La temperatura di combustione è di circa 2-2,5mila gradi Celsius. È quasi impossibile fermare la combustione. L'inferno è sceso sulla terra alla Azovstal». Così, nell'ottica di Mosca non avrebbe senso trattare l'evacuazione dei miliziani di Azov, che Vladimir Putin non vede l'ora di consegnare all'opinione pubblica russa per comunicare l'avvenuta «denazificazione» dell'Ucraina. I loro componenti, dopo aver chiesto la mediazione persino di nemici giurati come la Chiesa cattolica e lo Stato di Israele (sono di ispirazione pagana ed erano soliti bruciare Bibbie, per non parlare degli accenti antisemiti), si sentono abbandonati da tutti: dall'Onu, dall'Occidente e dall'Ucraina stessa (erano elettoralmente parlando molto più legati a Poroshenko che a Zelensky, il quale non si dispererebbe troppo se dovesse perderli).

E che per gli Azov le cose si stiano mettendo decisamente male lo confermano anche i parenti dei miliziani, che sono andati a Istanbul a ringraziare il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per l'appoggio ricevuto.

TENTATIVO TURCO
Tre giorni fa infatti, la Turchia si era proposta di inviare una nave a Mariupol per consentire l'evacuazione dei soldati ucraini feriti e altri civili che si trovano ad Azovstal. Compresi i membri dell'Azov. Ma Kateryna, moglie di un miliziano, in una conferenza stampa dopo la visita in Turchia ha ammesso che gli uomini asserragliati nell'acciaieria «hanno perso le speranze e si preparano alla battaglia finale, perché non credono in una soluzione diplomatica».

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