Vladimir Putin, "pulizia etnica": che hanno fatto davvero i profughi ucraini in Russia
Si chiama "pulizia etnica". Centinaia di profughi ucraini sono stati spediti da Mariupol a Vladivostok, con un biglietto di sola andata. Dalla città martire sul mar d'Azov sono finiti nel remotissimo porto russo affacciato sul mar del Giappone, oltre 9mila chilometri e sette fusi orari più a Est. Riporta il Giornale che si tratta di una vera e propria deportazione che ha riguardato almeno trecento civili ucraini che segue una precisa strategia di Vladimir Putin, la stessa che negli anni Novanta è stata messa in campo in Jugoslavia dall'allora leader serbo Slobodan Milosevic. La pulizia etnica.
Milosevic la applicò in molte località della Bosnia-Erzegovina e raggiunse il suo tragico apice nella strage di Srebrenica del luglio 1995 in cui morirono oltre ottomila civili inermi che avevano il torto di appartenere all'etnia sbagliata. Milosevic infatti voleva sterminare o trasferire a forza i cosiddetti bosgnacchi (musulmani per lo più di origini turche) per far diventare quelle zone etnicamente omogenee, ovvero solo serbe. Una strategia molto apprezzata anche da Putin, che ha già dichiarato che gli ucraini non hanno nemmeno il diritto di considerarsi un popolo perché secondo lo zar sono solo dei "piccoli russi", niente a confronto del grande popolo russo.
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Gli "ucraini nazionalisti" per Putin non dovrebbe nemmeno esistere e andranno sostituiti da russi veri che siano in grado di trasformare questi terre nella Nuova Russia di zarista memoria.