Mariupol, "cosa urlavano i militari ceceni": ecco chi sono davvero gli uomini di Putin
I militari ceceni urlano "Allah akhbar" sulle rovine di Mariupol, convinti di averla conquistata per sempre. Poi diffondono sui social network il video del loro trionfo su quella che fu la città fondata dai greci ortodossi in fuga dalla Crimea occupata dall'Impero Ottomano. I cristiani l'avevano affidata alla Madre di Dio Maria Santissima. Poi nel 1948 i sovietici l'avevano sbattezzata e rinominata con l'appellativo di Zdhanov, in onore di un gerarca comunista. Nel 1989, ammainata la bandiera rossa, era passata nuovamente sotto la protezione della Madonna, ritornando al toponimo originario. Ora dietro le bandiere che richiamano la guerra santa, resta soltanto un cumulo di macerie, quel che rimane degli edifici è ancora in fiamme. È la civiltà islamica: distrugge e lascia il deserto. La ricostruzione, che è il vero business di ogni guerra, casomai spetta agli oligarchi, magari atei, che dovranno rifarsi delle perdite subite con le sanzioni occidentali. Quanto ai ceceni, vanno bene come carne da cannone. Il Cremlino ha affidato al loro leader Ramzan Kadyrov l'operazione di rastrellamento, dopo aver fatto ininterrottamente bersagliare la città con lanci di missili. E, nonostante tutti quei bombardamenti, l'Armata Rossa proprio non ce la faceva a entrare nell'acciaieria difesa dal Battaglione Azov.
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GUERRA SANTA
In quei casi, Vladimir Putin sa di poter contare sui suoi 70mila tagliagole islamici, temprati dall'esperienza nella loro madrepatria. Anche la Cecenia aveva osato proclamare l'indipendenza da Mosca, con il sostegno dell'Islam. Era nato a Grozny, nel 1991, il primo Califfato sorto dopo l'abolizione della Sublime Porta nel 1924. Poi negli anni 1990 e dal 2000 al 2009 i russi avevano represso le rivolte nel sangue, radendo al suolo la capitale cecena, come testimoniato dalla giornalista di Novaya Gazeta, Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006. Per questo ora i musulmani fondamentalisti del Nord del Caucaso ce l'hanno a morte coi governanti attuali asserviti all'ex impero sovietico e li considerano apostati. Si dice perfino che alcuni ex fedelissimi dell'ex leader terrorista Shamil Basayev siano finiti a combattere nella "legione straniera" di Kiev contro gli eredi del comunismo. Gli altri, con la benedizione del mufti della Cecenia, Salah Mezhiev, che ha definito come jihad l'invasione in Ucraina, fanno il lavoro sporco che i soldati di leva rifiutano. Troppo pericoloso combattere contro la resistenza locale, ben più motivata mentre il morale e l'addestramento delle truppe russe sono bassissimi. Meglio affidarsi a specialisti che si sono già distinti in conflitti irregolari, esperti nel combattimento casa per casa.
Lo Zar li ha già utilizzati con successo in Georgia e in Libano, senza mai essere deluso dal loro operato. In Siria, nel 2016-17 hanno servito come personale di sicurezza e polizia militare, di fatto interpretando il ruolo di rappresentanti della politica estera russa. La popolazione locale, che li vedeva stendere il tappetino al suolo e recitare le preghiere coraniche, ne rimaneva ammirata e si fidava, colmando così la distanza culturale con lo "straniero". Era tutta una guerra di propaganda, in realtà. Ma è servita a creare una sfera d'influenza secondo i disegni strategici e gli interessi di Mosca, tanto che i ceceni poi hanno partecipato anche ai programmidi cooperazione perla repressione violenta dell'insorgenza degli uighuri musulmani in Cina. Una task-force internazionale, insomma, ma non in missione di pace. Anzi, tutt' altro. Sono l'avanguardia e la retroguardia degli assalti, chiamati anche a sterminare senza pietà i disertori dell'esercito russo.
I KILLER DELLO ZAR
Molti pretoriani dei reparti islamici, la Rosgvardyia, fra l'altro, conoscono già il territorio ucraino perché sono veterani delle guerre di secessione delle province orientali di Donetsk e del Donbass nel 2014. Attualmente, il loro compito è l'assassinio. Aleksey Danilov, segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell'Ucraina, rivela che il 3 febbraio scorso, «Kadyrov si è assunto l'impegno a nome dei suoi uomini» per uccidere nentemeno che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Finora, l'intelligence di Kiev ha «monitorato e neutralizzato i gruppi nemici», ma occorre stare sempre all'erta. Non solo in Ucraina, in Russia o in Cecenia. La minaccia islamica si è estesa anche all'Europa e a Israele, dopo che il nuovo portavoce dell'Isis, Abu Omar Al Muhajir, in occasione del Ramadan, ha dichiarato una nuova «offensiva globale», mentre gli occidentali sono distratti dall'invasione russa in Ucraina. Vogliono vendicare l'uccisione del loro califfo Abu Ibrahim Al Quraishi, eliminato in Siria durante un'operazione speciale delle forze armate statunitensi.