Vladimir Putin, la guerra in Ucraina nasce da Barack Obama: il retroscena
Cadono gli dei. Angela Merkel è sotto processo politico in Germania, dove l'accusano di aver condotto una politica asservita agli interessi di Vladimir Putin. La prova regina è l'insistenza della cancelliera per la realizzazione del gasdotto Nord Stream 2, che una volta entrato in funzione (è stata l'invasione dell'Ucraina a impedirlo) avrebbe reso Berlino ancora più dipendente da Mosca. Ma la Merkel, sul presidente russo, ha almeno il buon senso di tacere. Lo stesso non sta facendo l'altro nume occidentale degli anni passati: Barack Obama.
L'ex presidente degli Stati Uniti nei giorni scorsi ha parlato di Putin, col quale si confrontò durante gli otto anni del suo mandato (2009-2017). Ha detto di essere stato «incoraggiato» dalla reazione mostrata stavolta dai Paesi europei, perché nel 2014, dopo l'aggressione della Crimea, lui aveva dovuto «trascinarli mentre scalciavano e urlavano, affinché reagissero nel modo in cui devono farlo quelle che si definiscono democrazie occidentali».
Quanto alla crudeltà del presidente russo, Obama ha affermato di non sapere «se la persona che conoscevo» sia la stessa che oggi ordina i massacri degli ucraini. «È sempre stato spietato. Abbiamo assistito a ciò che ha fatto in Cecenia», ma cinque anni fa, ha assicurato, «non avrei previsto che potesse rischiare tutto in questo modo».
Parole che hanno fatto sobbalzare molti osservatori e ieri hanno ispirato un editoriale del Wall Street Journal, durissimo già nel titolo: «Barak Obama riscrive la sua storia russa». La pretesa di essere stato «un campione di severità contro la Russia», accusa il quotidiano, è infatti smentita dai fatti. Iniziando da ciò che accadde dopo l'invasione della Crimea e dell'Ucraina orientale, quando «la sua amministrazione impose solo lievi sanzioni alla Russia, e poi si unì a Mosca per negoziare un accordo nucleare con l'Iran». Obama si rifiutò anche di vendere le armi anticarro Javelin all'Ucraina, che Kiev ottenne invece durante la presidenza di Donald Trump. E in quello stesso periodo «la Germania portò avanti il gasdotto Nord Stream 2 senza che da Washington si levasse, fino all'amministrazione Trump, il minimo pigolio».
Nemmeno è credibile che Obama ignorasse i metodi di Putin. Il quale, ricorda il quotidiano d'area conservatrice, «è ritenuto essere giunto al potere bombardando degli appartamenti in Russia» nel settembre del 1999, ossia organizzando attentati ai danni dei propri connazionali (ne morirono oltre trecento) e dando poi la colpa ai terroristi ceceni, come sosteneva l'ex agente segreto russo Alexander Litvinenko, avvelenato e ucciso a Londra nel 2006. Tutte cose che l'intelligence statunitense, ai tempi di Obama, «senza dubbio sapeva o fortemente sospettava». Seguirono gli omicidi della giornalista Anna Politkovskaya e di Litvinenko, nel 2006, e l'invasione russa della Georgia, nel 2008. E la risposta di Obama quale fu? Nel 2009 inviò Hillary Clinton a Ginevra per concordare col ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, la «ripartenza» delle relazioni con Mosca. Nel 2012 accu sò il candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney, di avere una politica estera retrograda, stile anni Ottanta, tanto da vedere ancora la Russia come una minaccia. Sempre in quell'anno, le telecamere lo colsero al vertice internazionale di Seoul mentre chiedeva al presidente uscente russo Dmitry Medvedev (di fatto un servitore di Putin) che Mosca non insistesse sulla questione dei missili nucleari fino alle elezioni americane; una volta rieletto, Obama garantiva che avrebbe avuto «più flessibilità» nel gestire la faccenda. «Trasmetterò questa informazione a Vladimir», gli rispose Medvedev. Quindi, nel 2015 e nel 2016, ad Aleppo, in Siria, l'esercito russo usò (anche sui bambini) le bombe a grappolo, vietate dai trattati internazionali. Come può Obama, adesso, dirsi stupito da ciò che sta accadendo in Ucraina? Il Wall Street Journal chiude il commento avvertendo che «la debolezza di Obama, assieme a quella dell'ex cancelliera tedesca Angela Merkel, è una delle ragioni per cui Putin ha ritenuto di poter agire con crescente aggressività e farla franca». Critiche simili non giungono solo dal fronte conservatore. Quattro anni fa la Brookings Institution, un "pensatoio" di area liberal, ha pubblicato un documento intitolato «Non riabilitate Obama sulla Russia», nel quale lo incolpa di avere «costantemente sottovalutato la sfida posta dal regime di Putin». Famosa la frase con cui, dopo l'attacco alla Crimea, l'allora presidente degli Stati Uniti liquidò la Russia come «una potenza regionale che sta minacciando alcuni dei suoi vicini immediati non per forza, ma per debolezza». Il problema, purtroppo, non riguarda solo la faccia tosta di Obama. Molti degli uomini che hanno lavorato assieme a lui, e sbagliato clamorosamente nel giudicare Putin e la Russia, oggi fanno parte dell'amministrazione di Joe Biden e disegnano la politica estera del presunto leader dell'Occidente.