Vladimir Putin, "perché vuole il Donbass". Le mani sul tesoro segreto dell'Ucraina
La narrazione prevalente della guerra in Ucraina utilizza categorie interpretative che ci arrivano dalla guerra fredda. Alimentate soprattutto dalla propaganda russa. Ma la chiave di lettura per spiegare l'invasione decisa da Putin, è economica. Legata, soprattutto alle materie prime, come spiega Giuseppe Sabella nel libro La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino. Ecco perché l'Europa è nel mirino di Putin, appena pubblicato in formato digitale da Rubbettino. «Obiettivo del capo del Cremlino», spiega Sabella che dirige Oikonova, think tank specializzato in economia e lavoro, «è fare della Russia il più importante fornitore di materie prime della fabbrica del mondo, la Cina.
Per questo, Putin vuole lo "scudo ucraino", un territorio compreso tra i fiumi Nistro e Bug che si estende fino alle rive del Mar d'Azov, nel sud del Donbass. È tra le aree più ricche del mondo in termini di potenziale di risorse minerarie». A cominciare dall'oro bianco", come viene definito in ambito finanziario il litio, fondamentale per alimentare l'industria delle batterie, la cui produzione è concentrata in Giappone, Corea del Sud, Cina e Australia.
«A seguito di un accordo tra Bruxelles e Kiev», racconta Sabella, «la European Lithium - società di esplorazione e sviluppo proprietà minerarie che ha sede a Vienna - annuncia di essersi accordata con la Petro Consulting, azienda ucraina che dal governo locale ha ottenuto i permessi per estrarre il litio dai due depositi che si trovano a Shevchenkivske nella regione di Donetsk e a Dobra nella regione di Kirovograd, vincendo la concorrenza dell'azienda cinese Chengxin».
La European Lithium punta a diventare il primo fornitore delle cinque gigafactory di batterie che stanno sorgendo nella Ue, fondamentali per affrancarci dalle importazioni. Era il 21 novembre dello scorso anno, quando le due società minerarie siglavano l'accordo. «Poco più di tre mesi dopo, Putin manda l'esercito in Ucraina per un'operazione di pace», racconta Sabella, «la guerra di Putin - che scarica sull'Europa la più grande emergenza umanitaria dalla Seconda guerra mondiale ai nostri giorni - sta marcando la fine della globalizzazione e l'inizio del mondo nuovo. È quello del decoupling, ovvero del disaccoppiamento delle catene del valore: quella occidentale e quella asiatica. È, anche, il mondo in cui democrazie liberali e autocrazie hanno iniziato a contrapporsi». L'accesso all'area mineraria situata nel sud est dell'Ucraina, garantisce a Putin di proporsi come primo fornitore dell'industria cinese degli accumulatori. Oltre al gas e al petrolio, il capo del Cremlino punta a controllare le materie prime indispensabili per alimentare la transizione energetica. Sottraendole all'Europa. Così il baricentro della nuova economia sostenibile si sposterebbe definitivamente in Asia, spegnendo sul nascere le ambizioni europee di puntare all'autosufficienza nelle catene produttive strategiche. A cominciare dalla filiera dell'automotive.