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Ucraina, chi lucra sulla guerra: gli Stati canaglia che si fregano le mani. E la Cina offre alla Russia le sue carte di credito

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Carlo Nicolato
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In guerra c'è sempre chi ci guadagna, che sia lo strozzino di strada, il venditore di armi o lo speculatore di borsa, sulle macerie c'è sempre chi ha fatto affari e si è arricchito. In questo caso con di mezzo sanzioni di tale portata ai danni di una delle parti in causa l'operazione è un po' più complicata, visto che in breve tempo la Russia non avrà nemmeno i soldi per evitare la bancarotta. Ma c'è sempre l'Occidente che avrà bisogno di energia e in particolare di gas, quella quota del 40% dalla Russia che l'Europa vuole sostituire il più in fretta possibile anche e soprattutto per evitare ricatti futuri, sempre che non si arrivi alla chiusura dei rubinetti da un giorno con l'altro. La Ue ha già dettato le linee guida in una decina di punti piuttosto vaghi e di difficile attuazione, visto che si punta come sempre sulle rinnovabili, ma già alcuni Paesi si stanno fregando le mani perché se nell'immediato il gas non arriva più dalla Russia per forza dovrà arrivare da altre parti. Una di queste ad esempio è il Qatar il quale è già stato contattato, anche dal nostro governo, perché aumenti la sua quota di produzione. Il Qatar dunque, la cui posizione sulle sanzioni alla Russia non è del tutto chiara, sarà sicuramente uno dei beneficiari dell'invasione russa. Con il Qatar certamente l'Algeria la cui produzione di gas, attualmente di 130 miliardi di metri cubi all'anno, aumenterà drasticamente in cambio ovviamente di una ricca ricompensa Ue. C'è poi anche l'Azerbaigian che sarebbe pronto ad aumentare la sua capacità di esportazione di gas attraverso la Trans Adriatic Pipeline da 8 miliardi di metri cubi attuali a 10 miliardi.

 

 

AREA POST SOVIETICA
In programma nello stesso Paese c'è anche la costruzione di un altro gasdotto chiamato Southern Gas Corridor, un progetto da 40 miliardi di dollari sponsorizzato dalla Ue. L'Azerbaigian peraltro è un altro Paese in ex area sovietica rimasto provvidenzialmente in silenzio sulla questione delle sanzioni. Sempre relativamente al gas ne trarranno certamente vantaggio gli Stati Uniti già attivi in Europa con il loro di scisto (e qui qualcuno ci ha visto un certo interesse economico dell'America a spingere per la guerra), ma anche il Giappone, che non è un particolare produttore di gas, ma è il secondo più grande trader di combustibile acquistato in Paesi dell'area Indo-Pacifico. Dal gas al petrolio il passo è breve, con la riduzione sul mercato del greggio di Putin ne potranno approfittare tutti gli altri produttori mondiali, da quelli del Golfo al Venezuela, ancora dall'Azerbaigian alla Nigeria. Perfino l'Iran, ovvero per la maggiorparte Paesi non certamente allineati alle sanzioni, sebbene in alcuni casi alleati di ferro degli Usa (Arabia Saudita).

 

 

ATTENTI ALL'INDIA
C'è poi la questione del grano, i cui due tra i maggiori produttori sono proprio i due Paesi impegnati nella guerra. Chi ne potrà lucrare dai vuoti lasciati sono gli altri produttori mondiali, a iniziare da Canada, India e Cina, questi ultimi due opposti alle sanzioni. La posizione della Cina ovviamente è la più delicata in quanto come alleata di Putin e seconda economia del mondo dalla guerra in Ucraina rischia solo di perderci, ma per il momento si è offerta ad esempio di sostituire i circuiti Visa e Mastercard sospesi a Mosca con un sistema di pagamento attivo in Cina e gestito da Unionpay, il Mir. Al progetto sarebbero interessati gli istituti russi Sberbank, Alfa Bank, Rosbank, Tinkoff-Bank, Raiffeisen e MKB. La Russia però oltre a gas, petrolio e grano, ma anche e soprattutto di armi. Carri armati, aerei e missili, cannoni ecc di fabbricazione russa arrivano in tutto il mondo. Se le sanzioni riusciranno a devastare l'economia russa al punto tale che Mosca non sarà più in gradi di produrre ed esportare le sue armi si creerà un vuoto che pochi altri Paesi potranno colmare: tra questi certamente Usa, Francia, Germania, Cina, Gran Bretagna, Italia e Israele. 

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