Ucraina, l'analisi spietata di Emanuele Trevi: "Sarà un genocidio. Ma la verità è che Kiev...", ciò che nessuno dice sulla capitale
Emanuele Trevi, scrittore vincitore del Premio Strega 2021 con Due vite, riflette amaramente sul conflitto in Ucraina. "Sono pessimista. Questa guerra sarà un genocidio", esordisce parlando alla Stampa. "Sono stato a Kiev, a Dnipro, nel Donbass e a Mariupol con un regista belga poco prima che scoppiasse la pandemia. Era tutto già in rovina, per questo le immagini che vediamo adesso non mi sorprendono affatto. Allora, non ammazzavano ancora i bambini, ma ricordo un Paese distrutto. Sembrava di camminare sulla Luna o su quel che resta dopo un terremoto. Il Covid ha solo spostato l'asse dell'attenzione per un po'. Ma i segni c'erano già tutti".
"Le democrazie come suffragio universale hanno creato le peggiori incarnazioni del male: Adolf Hitler, Donald Trump, Vladimir Putin sono stati tutti eletti. Non riusciamo a immaginare un mondo diverso dalla democrazia, ma in confronto i dittatori antichi erano delle bamboline. C'è un aspetto criminale nel sovranismo. Stiamo assistendo al sistematico scardinamento delle democrazie occidentali. Ora Draghi invita a non rimanere ancorati al passato, ma queste persone vanno inchiodate alle loro responsabilità. Putin con i rubli non ha comperato la sinistra, non perché sia meglio della destra, ma perché non era antieuro e antivaccini. Non serviva alla sua causa", spiega Trevi.
Lo scrittore poi analizza il peso del Covid e della guerra che impatto avraà sulle nuove generazioni. "Provo quasi un sentimento di colpa nei loro confronti. Queste due catastrofi, il Covid e la guerra, segneranno un percorso difficile di abitabilità del Pianeta. È pur vero che il mondo è andato oltre anche a Hiroshima, ma la mia generazione è cresciuta in un mondo che sentiva casa sua. Ho avuto una giovinezza meravigliosa: ho visitato Paesi come l'Afghanistan. Il mondo era attraversabile, si poteva andare in India in camper. Ora siamo come nel villaggio di Asterix, stretti da una pressione autoritaria che rende paurosi anche i posti liberi", conclude Trevi.