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Roman Abramovich, il calcio a Vladimir Putin: retroscena, come ha scaricato lo zar. L'azzardo dell'oligarca

di Tommaso Lorenzini giovedì 3 marzo 2022

3' di lettura

Sofia, la figlia di Roman Abramovich, già al primo missile piovuto sull'Ucraina aveva sbottato sui social media: «Dire che la maggior parte dei russi sta a fianco di Putin nella guerra all'Ucraina è una bugia colossale». Da molti era stato bollato come un messaggio di opportunismo, affidato alla rete in fretta perché il vento era girato ed era prossimo a travolgere gli oligarchi russi sparsi in giro per il mondo. Compreso suo padre Roman, salito alla ribalta con l'acquisto del club londinese Chelsea, nel 2003: pagato 190 milioni, l'ha fatto diventare una superpotenza del football, un brand, con cinque Premier e due Champions League conquistate. 

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IL PREZZO: 3,3 MILIARDI
Cinque giorni fail 55enne nativo di Saratov, porto fluviale nel cuore del medio corso del Volga, aveva annunciato un passo indietro, lasciando «la gestione e la cura» del Chelsea alla fondazione benefica della squadra. Ieri un ulteriore step: «Ho preso la decisione per il bene del club. Ho incaricato il mio team di creare una fondazione in cui verranno donati tutti i proventi netti della vendita. Il ricavato sarà a beneficio immediato di tutte le vittime della guerra in Ucraina (quali, ndr?) e per supportare il lungo lavoro di ricostruzione». Aggiungendo che «spero di poter visitare per l'ultima volta Stamford Bridge per salutare tutti di persona. È stato un privilegio far parte del Chelsea e sono orgoglioso dei successi raggiunti. Il Chelsea e i suoi tifosi saranno sempre nel mio cuore». Tutto questo per 3,3 miliardi di euro. Il milionario svizzero Hansjorg Wyss fa sapere di essere stato contattato dall'entourage di Abramovich ma ritiene il prezzo «fuori mercato. 

Aspetteremo quattro o cinque giorni, potrei immaginare di entrare nel Chelsea con altri partner, ma prima dovrei esaminare le condizioni generali». Lo smarcarsi di Abramovich va dunque inteso come un "calcio" a Vladimir Putin? È certamente una mossa in controtendenza rispetto alla narrazione dell'unità d'intenti del potentato russo e non può prescindere dalla sensazione che Abramovich stia anche lavorando per mettere al sicuro il proprio patrimonio personale (secondo le stime di Forbes nel 2020 era di 13,8 miliardi di dollari: uomo più ricco di Israele - ha pure passaporto portoghese e lituano - e il 113° al mondo). Lo stesso Wyss punge: «È nel panico sta cercando di vendere tutte le sue residenze in Inghilterra e vuole anche liberarsi del Chelsea alla svelta». Ma perché Abramovich è diventato improvvisamente così centrale negli avvenimenti collaterali alla guerra, visto che è stato anche invitato al tavolo di trattativa con il governo ucraino? Da quando è divenuto patron del Chelsea, Roman ha assunto lo status di trait d'union fra il mondo russo e occidentale, soprattutto quello britannico che infatti sta giocando in prima fila la partita delle sanzioni e che, da diverso tempo, avrebbe voluto liberarsi di lui. 

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L'IDIOTA
Ora, forse per salvare la propria immagine (e non solo), Abramovich sceglie di sbandierare "buona volontà" nell'opporsi a un conflitto che, economicamente e non solo, lo sta pesantemente danneggiando. Magari andando a ruota del motto "c'è russo e russo". È assodato come a Mosca e dintorni ci siano oligarchi d'apparato, i fedelissimi che gestiscono la "cosa pubblica" russa (le aziende statali e parastatali), e quelli privati che, come Roman, sono diventati quello che sono grazie a Putin e oggi si mettono a disposizione: per la pace, non per tradire Putin (gli devono tutto), ma comunque prendendo posizioni di distanza rispetto all'ala dei falchi. 

Certo un Abramovich che indossa i panni del filantropo di guerra in una fase che appare delicatissima sa molto di una mossa per riaccreditare l'immagine dei russi, magari anche in quella Ucraina dove Mosca immagina di entrare, restare a lungo e ricondurla alla neutralità pro bono suo. È altrettanto da interpretare questa strategia russa su doppia scala. Da una parte c'è il ministro degli Esteri Lavrov che fa il Lavrov, buttando là ogni tot dichiarazioni la parolina "nucleare"; dall'altra l'Abramovich in stile "Idiota" di Dostoevskij "un uomo positivamente buono". Un utile idiota?

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