Agostino Sellitri, va dal dentista in Albania e muore dopo l'impianto: cosa gli è costato la vita
In Albania è arrivato ai primi di dicembre. Doveva sottoporsi a un trattamento odontoiatrico, forse un impianto: una cosa di routine, se ne fanno talmente tanti al giorno che non esistono nemmeno statistiche puntuali a riguardo. Ma qualcosa è dato storto ed è morto. Agostino Sellitri, 71 enne di Andria, è uno di quegli italiani che per migliorare il sorriso han deciso di salire su un aereo e volare via. In Romania, Moldavia, Ungheria. In Croazia, specie fino a qualche anno fa. Agostino ha scelto l'Albania: era una delle nuove mete emergenti e, dopotutto, rispetto alla sua Puglia, era a un tiro di schioppo.
Lui, volontario della Croce Rossa e della Protezione civile, volto simpatico, uno che si è sempre fatto in quattro per aiutare chi gli stava attorno. E' partito a inizio mese e, purtroppo, da Tirana, non è mai rientrato. Lo ha stroncato un infarto il giorno dopo che è stato dal dentista albanese. Cosa sia realmente successo, se ci sia un effettivo collegamento che lega la morte di Agostino al suo intervento odontoiatrico, ce lo diranno gli accertamenti che son stati disposti. Perché rimane assurdo, finirla così, lontano da casa, a neanche ventiquattro ore da quello che doveva essere un piccolo intervento, una sciocchezza. «Al netto delle correlazioni e delle implicazioni che quell'intervento può aver causato - racconta infatti il presidente barese dell'Andl (l'Associazione nazionale dei dentisti italiani) Fabio De Pascalis, - è doveroso richiamare a norme di prudenza e di attenzione, nel momento in cui chiunque decida di affrontare un viaggio di questo tipo».
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Ad Andria (neanche 100mila abitanti, tra Barletta e Trani) son rimasti tutti di stucco quando han saputo di Agostino. Mentre i famigliari volavano a loro volta dall'altra parte del Mediterraneo per disbrigare le faccende burocratiche e permettere il rimpatrio della salma, i colleghi della Cri, quei volontari instancabili con la divisa rossa, han definito la perdita «incolmabile e improvvisa». Non che da noi manchino dentisti e professionisti (al contrario, ne abbiamo circa 62mila iscritti all'albo e, furbetti a parte, ché ce n'è in ogni categoria, son pure bravi). Nove volte su dieci, semmai, è una questione di portafoglio. La fatica di arrivare a fine mese e quel preventivo, dal dentista all'angolo della strada, che suona come un salasso. Tanto per farsi un'idea: per una corona, in Croazia, c'è chi chiede 250 e persino 200 euro; da noi il prezzo medio è 700, ma in base ai materiali può arrivare anche a 1.500. Praticamente una tredicesima. Mediamente spendiamo a testa circa 600 euro all'anno per curare carie e otturazioni alla bisogna. E finché si tratta di piccoli disturbi, magari sporadici, va tutto bene (anche se quella dall'igienista dentale è una delle prime voci di spesa che salta, a ogni giro di crisi economica). In passato, cioè in epoca pre-pandemia, si stimavano in 20mila i nostri connazionali che facevano la valigia per farsi un ponte o un innesto o un apparecchio che raddrizzi il sorriso. L'anno scorso, tra lockdown e quarantene di massa, il numero si è assottigliato ma resta comunque alto.
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Non sono pochi quelli che lo fanno ancora. Sono un piccolo esercito di persone che, spesso, parte di notte, su un pullman che ferma anche nei paesini piccini picciò e che ti lascia proprio davanti alla clinica dove hai già fissato un appuntamento. Si chiama turismo dentale (o turismo odontoiatrico): una pratica talmente diffusa che oramai vende pacchetti all-inclusive. Trasporto, visita, albergo. Ma non sempre funziona. Agostino è stato sfortunato (e a onor di cronaca va ribadito: prima di puntare il dito bisogna aspettare l'esito dei referti), ma già qualche anno fa l'Andi sosteneva che uno su due, tra chi viaggia alla ricerca dei denti perfetti, torna a casa insoddisfatto. «Le promesse di interventi low-cost nascondono insidie e rischi che non possono essere sottaciuti - aggiunge De Pascalis, - basso costo significa spesso scarsa assistenza, non rispetto dei tempi clinici necessari e stress fisico e psicologico eccessivo per il paziente. Non a caso spesso tocca a noi - rincara la dose, - riparare i danni fatti altrove». E allora sì, che non ne vale la pena, se poi sul lettino del dentista ci finisci addirittura due volte.