Cerca
Logo
Cerca
+

Covid, il dramma di padre Cervellera: "Rinchiuso tre settimane", così le dittature combattono il virus

Andrea Morigi
  • a
  • a
  • a

Per tre settimane, centellinando il vin santo e il pane da consacrare che ha portato con sé dall'Italia, il 70enne padre Bernardo Cervellera celebrerà la santa messa recluso in una stanza del Royal Airport Hotel di Hong Kong, a Chek Lap Kok sull'isola di Lantau. In realtà il romitorio non farebbe parte della sua vocazione religiosa. Glielo hanno imposto le regole previste per l'ingresso degli stranieri nel territorio dell'ex colonia britanni ca. Lui, intanto, cerca di fare necessità virtù e conduce vita claustrale. La scelta contemplativa è consideratala più perfetta nella Chiesa cattolica. I ritmi glieli danno la liturgia delle ore, la meditazione, il sacrificio eucaristico, il santo rosario, lo studio del cinese e la lettura. Ma almeno nei chiostri ci sono momenti di preghiera comunitaria e talvolta si consumano i pasti insieme nel refettorio.

 

 

 

 

 

Il timore del contagio ha reso le restrizioni ancora più dure della clausura. Magari nel lungo periodo ci saranno anche vantaggi spirituali, ma «a me sembra ci sia anche una grande paura e un tentativo di farla finita con la globalizzazione e l'immagine del mondo come un mescolamento nella libertà. Ormai ognuno deve starsene a casa sua, coi suoi bacilli, le sue idee e le sue religioni!», commenta il missionario sul suo blog. Sulle prime, sembra affiorare un'analogia letteraria con Viaggio attorno alla mia stanza, romanzo di Xavier de Maistre, finito agli arresti domiciliari per 42 giorni (il doppio!) nel 1794 per aver partecipato a un duello. A quei tempi, le quattro mura potevano suscitare riflessioni filosofiche.

Nella versione moderna, più di due secoli dopo, il romanticismo cede il passo alla tecnocrazia sanitaria. Il totalitarismo comunista, dopo aver diffuso il Covid-19 in tutto il mondo, mentre si rinchiude in se stesso, ti fa assaggiare subito il brivido dell'assenza di libertà sotto forma di distanziamento sociale. L'accoglienza-deportazione dei viaggiatori è una scena terrificante come in un fantahorror: «Lo spazio è enorme e si percorrono queste hall lunghissime, con impiegati vestiti da infermieri (camice azzurro, mascherina, visiera, guanti di gomma, che ti danno indicazioni stando almeno a un metro da te, senza parlare ma solo con gesti. L'impressione è che ti trattano come un malato (anche grave!), sebbene per arrivare hai dovuto presentare test negativo al Covid e doppia vaccinazione. Finalmente ci mettono in un angolo della hall seduti a distanza, in attesa dei risultati del test (naso-faringeo) fatto all'arrivo. Un po' per la stanchezza, un po' per l'imbarazzo, tutti tacciono come se si sentissero colpevoli di aver osato varcare i confini, col rischio di portare la malattia fino a qui (mentre, di per sé, all'origine è stato il contrario!)».

Poi ci si dirige all'«albergo-lazzaretto», come lo definisce padre Cervellera: qui il «rancio» è servito all'esterno della camera su una sedia, sotto la quale poi «metti i rifiuti da far portare via (sempre in busta di plastica sigillata!). Ogni tre giorni ci si sottopone a un test (della saliva) e si deposita la provetta sopra la sedia, dopo il pranzo». È un trattamento riservato a tutti coloro che provengono dalla Svizzera, considerata fra i Paesi ad alto rischio, non solo ai sacerdoti cattolici e non per motivi politici. Per chi arriva senza scali dall'Italia, l'isolamento scende a 14 giorni (rischio medio), ridotti a una sola settimana se si è partiti con volo diretto dalla Nuova Zelanda (rischio basso). Basta che non osino sgarrare.

E purché non siano infetti, altrimenti finiscono dritti in ospedale. Senza parlare del destino che sarebbe riservato a categorie come i no-vax o no-pass. «Eppure veniamo trattati come malati, tubercolotici o lebbrosi! Se per caso apri la porta e non porti la mascherina, se ti trovi davanti a un inserviente, quello si allontana, non ti parla: puoi domandare cose solo al telefono, non di fronte a qualcuno!», spiega il sacerdote, che per diciotto anni ha diretto l'agenzia di stampa AsiaNews. Chiunque esca dall'alloggio assegnato, anzi prenotato prima della partenza, anche se vaccinato con due dosi di siero e negativo al tampone, rischia 2.500 euro di multa e sei mesi di galera.

 

 

 

A volte, le vie del Signore si incrociano misteriosamente con i desideri di chi Lo cerca. E padre Cervellera, in una conversazione con il blog spagnolo Alfa y Omega, aveva anticipato che, sebbene non fosse ancora stato deciso dai superiori che ne avevano disposto il trasferimento da Roma a Hong Kong, «mi piacerebbe lavorare nelle carceri, dove attualmente vivono detenuti di moltissime nazionalità» e aggiungeva che per Aleksandr Solgenitsyn «le carceri sono i nuovi monasteri, luoghi dove si finisce per riflettere sulla propria vita e si può riscoprire Dio. È quel che mi piacerebbe: poter evangelizzare nelle prigioni». Ben arrivato in Cina, quindi. San Francesco Saverio non riuscì nemmeno ad arrivarci e finì i suoi giorni nel 1552 sull'isola di Sancian, a dieci chilometri dalla costa, guardando un crocifisso. Padre Cervellera ne ha riportato uno per la terza volta: «era di p. Danieli, della missione dell'Henan, espulso negli anni '50 alla venuta di Mao; poi è stato mio, fino al 1997, e ora ritorna ancora nel mondo cinese». 

 

 

 

Dai blog