Afghanistan, la giornalista della tv di Stato cacciata dai talebani: "Il regime è cambiato, vai a casa"
"Il regime è cambiato, vai a casa": sono queste le parole che si è sentita dire la giornalista afgana Shabnam Dawran da parte dei talebani, quando ha tentato di entrare in redazione, il suo luogo di lavoro. La presentatrice della tv di Stato afghana Rta è stata letteralmente cacciata, come denunciato da lei stessa in un video pubblicato sui social e rilanciato dal direttore di Tolo News Miraqa Popal. "Nonostante indossassi l’hijab e avessi il mio pass identificativo, i talebani mi hanno detto che il regime è cambiato e di andare a casa”, ha dichiarato la giornalista.
Popal, che è stato uno dei primi a diffondere il video denuncia, è il direttore dell’emittente afghana - Tolo News - che ieri ha deciso di mandare in onda le conduttrici, nonostante l'arrivo dei talebani a Kabul. Per di più, è stata proprio una donna a intervistare il portavoce dei talebani in diretta tv. Ecco perché, solo per un attimo, si è pensato che davvero i talebani potessero essere più moderati rispetto al passato, come hanno dichiarato loro stessi in conferenza stampa. Adesso, però, la vicenda di Shabnam torna a spaventare le giornaliste, che temono di non poter continuare a fare il loro lavoro.
Intanto, come riporta il Fatto Quotidiano, la preoccupazione per l'intera categoria ha investito anche i giornalisti e le giornaliste in Italia. Tant'è che le Commissioni Pari Opportunità della Fnsi, dell’Ordine dei giornalisti e dell’Usigrai hanno pubblicato una nota congiunta: “Resti alta l’attenzione internazionale sui diritti delle donne afghane e sulla libera informazione. Noi giornaliste italiane siamo molto preoccupate, per contatti diretti e indiretti, per la sorte delle colleghe afghane. La libera informazione messa oggi al bando dalla conquista talebana, le difficoltà e i pericoli per i giornalisti che hanno manifestato in questi anni il loro libero pensiero, le intimidazioni e le minacce, vedono le donne professioniste dell’informazione come prime vittime, costrette alla fuga, a rischio della propria vita”.