Afghanistan, Roberto Saviano contro i talebani: "Ma quali soldati di Allah, chi sono veramente"
“Chiamiamo i talebani con il loro nome: narcotrafficanti”. Lo scrive Roberto Saviano, che nell’edizione odierna del Corriere della Sera ha fatto il punto della situazione sul ritorno al potere dei talebani in Afghanistan. Qui è prodotta oltre il 90% dell’eroina mondiale, come emerge dal report dell’ufficio droghe e crimine dell’Onu. “Questo significa che i talebani - spiega Saviano - assieme ai narcos sudamericani, sono i narcotrafficanti più potenti del mondo. Negli ultimi dieci anni hanno iniziato ad avere un ruolo importantissimo anche per l’hashish e la marijuana”.
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Quindi secondo Saviano le dinamiche principali del conflitto sono da ricercare lì: “Quella in Afghanistan è una guerra dell’oppio. I contrabbandieri d’oppio hanno bisogno di movimenti rapidi e veloci e invece con la presenza americana si vedono fermare, ispezionare, devono farsi autorizzare dai militari. Mentre i talebani riescono a ottenere rapidità di approvvigionamento e movimento e iniziano a tessere il doppio i produttori che non lavorano per loro e a coltivare direttamente le proprie piantagioni. Non più racket sulla coltivazione, ma diretta gestione del traffico”.
Nel 2017 l’Afghanistan ha raggiunto il massimo storico nella produzione di oppio, con quasi 10mila tonnellate, per un valore di oltre 1,4 miliardi di dollari: se invece si tiene conto del valore di tutte le droghe, si arriva a 6,6 miliardi. Poi Saviano ha citato Gretchen Peters, la reporter che ha seguito il legame eroina-talebani: “Il più grande fallimento nella guerra al terrorismo è la spettacolare incapacità delle forze dell’ordine occidentali di interrompere il flusso di denaro che tiene a galla le loro reti”.