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Cina, "primo attacco con i missili": pronto il piano strategico per invadere Taiwan, Stati Uniti in allerta

Andrea Morigi
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È tutto pronto per l'invasione militare della Cina nazionalista. Ormai anche le flotte mercantili sono state avvisate dal governo comunista di Pechino tramite la rivista specializzata Naval and Merchant Ships. E, se non bastasse, hanno diffuso la notizia sul South China Morning Post. Meglio non incrociare in quelle acque per un po' di tempo, avverte la stampa del regime. Lo aveva anticipato il presidente a vita Xi Jinping, celebrando il centenario del Partito comunista cinese: l'obiettivo è la «riunificazione» con l'autogoverno di Taiwan, allo scopo di «distruggere» qualsiasi tentativo di indipendenza formale per l'isola, sulla quale nel 1945 si era insediato il governo cinese del Kuomintang, sconfitto militarmente da Mao Zedong.

IL PIANO STRATEGICO
Manca soltanto una data precisa per far partire il conto alla rovescia. Da tempo le minacce sono quotidiane, con incursioni delle forze aeronavali dell'Esercito popolare di liberazione della Cina nel canale di Taiwan, che costringono le forze aeree dell'isola a intervenire. Mentre iniziano a rullare i tamburi di guerra, i generali svelano anche i dettagli del piano strategico, allo scopo di intimorire l'avversario. Il primo attacco avverrà principalmente con il lancio di missili balistici dalla Cina continentale per neutralizzare il sistema di comunicazioni e i centri di comando militare, gli aeroporti, i sistemi radar e le basi antiaeree e antimissili, oltre alle strutture operative interforze dislocate sul territorio dell'isola. A quel punto, scatta la seconda fase, con i raid aerei contro i porti marittimi. Entrerebbero così in azione i cacciabombardieri H-6 e i caccia J-16 fighter jets, ma senza distruggere completamente le strutture logistiche nemiche. Secondo quanto trapela, le attività dovrebbero essere solo «temporaneamente sospese», in modo da essere utilizzate per lo sbarco finale.

 

 

Prima, però, sono previsti cicli intensivi di attacchi missilistici, i YJ-91 e i CJ-10, lanciati da terra, ma anche da navi e sottomarini, per smantellare postazioni difensive, depositi di munizioni, infrastrutture e arterie stradali. Del rastrellamento si occuperebbero quindi i droni controllati dalla flotta militare per verificare l'entità dei danni arrecati e le condizioni del terreno. Se tutto procede come indicato, si passa a un'ultima raffica di colpi di artiglieria navale e da basi terrestri in maniera da rimuovere ogni ostacolo che potrebbe frapporsi allo sbarco delle truppe cinesi trasportate sui mezzi anfibi e degli incursori di marina a bordo dei gommoni. Curiosamente, non si prevede nessuna reazione da parte degli eserciti degli Stati Uniti e del Giappone. In realtà, il Boeing P8 Poseidon AE682A della Us Navy da giorni si sta aggirando nella zona di identificazione di difesa aerea taiwanese. Inoltre, per la sesta volta dall'insediamento del presidente Usa Joe Biden, avvenuto il 20 gennaio scorso, una nave da guerra americana il cacciatorpediniere lanciamissili statunitense USS Curtis Wilbur, il 22 giugno, ha attraversato lo stretto di Taiwan.

 

 

LA RESISTENZA ARMATA
Senza contare la possibilità concreta di una resistenza armata da parte della popolazione della vecchia Formosa, che potrebbe aver già preso le opportune contromisure, creando una struttura per la guerriglia e la lotta clandestina sull'isola in caso di invasione. A sponsorizzare la Gladio in versione taiwanese, già dalla fine di maggio, è l'alto funzionario del Pentagono Christopher Maier, uno dei vice del segretario alla Difesa Lloyd Austin, ha consigliato vivamente alla Commissione Forze Armate del Senato USA di «aiutare» i partigiani anticomunisti inviando anche i corpi speciali a stelle e strisce per condurre operazioni e coordinare i combattimenti sul campo. Del resto, proprio ieri, gli ultimi soldati americani hanno abbandonato per sempre l'Afghanistan, ma i Navy Seals non vogliono stare lontani dal campo di battaglia a lungo. 

 

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