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AstraZeneca, l'Europa pronta a stracciare il contratto: troppi ritardi, come cambia la guerra al Covid

 Vaccino anti-Covid

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Dopo la poco cortese ma comunque inefficace lettera inviata il 19 marzo dalla Commissione Europea che intimava a AstraZeneca di porre rimedio ai ritardi nelle consegne dei vaccini entro venti giorni ("AstraZeneca ha violato e continua a violare le sue obbligazioni contrattuali sulla produzione e la fornitura delle 300 milioni di dosi iniziali per l'Europa", si leggeva), l'Ue tenta di mettere pressione alla multinazionale anglo-svedese con un'altra tecnica: il rinnovo del contratto di fornitura, in scadenza il 30 giugno, è a rischio a causa dei ritardi e delle inadempienze dell'azienda. Tra le righe della lettera di Bruxelles del mese scorso di profilava una richiesta di danni ad AstraZeneca: "Sottolineiamo che la sostanziale violazione dell'accordo di acquisto da parte della vostra azienda può portare a conseguenze drammatiche per la vita, la salute e la libertà di milioni di cittadini europei nella crisi Covid-19". Non servì a nulla.

 

 

Così ieri il commissario per il mercato interno Thierry Breton ha dichiarato, in un'intervista all'emittente televisiva francese Bfm-Tv: «Siamo pragmatici. La mia priorità in quanto responsabile dei vaccini è che le consegne avvengano esattamente nei tempi che sono stati previsti. Avevamo ordinato 120 milioni di dosi per il primo trimestre e 180 milioni per il secondo trimestre. Si è scoperto che nel primo trimestre ne hanno consegnate solo 30 milioni, il che ha creato problemi che tutti hanno visto, e hanno consegnato solo 70 milioni nel secondo trimestre». E ha aggiunto: «Niente è definitivo, continueremo a discutere».

Le ragioni del mancato rinnovo, nel caso che si verificasse, non sono da ricercare negli effetti avversi del vaccino nè nei rari casi di gravi trombosi: «Le ragioni non sono epidemiologiche o mediche. Quando si guardano i dati, i benefici del vaccino AstraZeneca superano enormemente la malattia», ha concluso Breton. La linea del commissario non è nuova: già venerdì scorso, infatti, il ministro dell'Industria francese Agnès Pannier-Runacher aveva ventilato la probabilità che l'Unione europea non rinnovasse i suoi contratti con il gruppo svedese-britannico nel 2022 per le stesse ragioni di quelle avanzate da Thierry Breton. Non solo, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen la settimana scorsa aveva informato che è intenzione dell'Ue di puntare sui vaccini con Rna messaggero (Pfizer/BioNTech, Moderna e il CureVac che attende ancora il via libera) e dire addio a quelli a vettore virale come AstraZeneca e Johnson&Johnson (che di fatto deve ancora debuttare in zona Ue) dopo gli allarmi che hanno costretto l'Agenzia del farmaco europea a continue revisioni.

 

 

Da qui la scelta, nel 2022, di non rinnovare i contratti con AstraZeneca e J&J. Nell'immediato futuro però senza Vaxzevria, il nuovo nome di AstraZeneca, l'Europa dovrà cercare vaccini altrove. Per quanto riguarda il vaccino sviluppato in Russia Sputnik V, Breton ha spiegato: «Ho molto rispetto per scienziati russi ma non è questa la questione. Dovevano fare la richiesta ed è stata fatta qualche giorno fa. Prenderà alcune settimane e forse qualche mese. Non ho alcun dubbio sul fatto che alla fine del processo possa arrivare l'autorizzazione». Da far notare che solo un mese fa aveva detto: «Priorità ai vaccini prodotti sul territorio europeo. Non abbiamo assolutamente bisogno dello Sputnik V». Intanto, ha fatto sapere il generale Francesco Paolo Figliuolo, ieri è stata superata in Italia la quota di 15 milioni di somministrazioni di dosi. È stato somministrato l'87,2 per cento delle fiale consegnate alle Regioni ed è in corso la distribuzione delle oltre 400mila dosi di Moderna arrivate sabato sera a Pratica di Mare.

 

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