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Bunker, palloni abitabili e trulli da apocalisse Tutti soldi buttati, i Maya ci hanno fregati

di Eliana Giusto domenica 23 dicembre 2012

3' di lettura

di Giordano Tedoldi Come i più perspicaci avranno notato non c’è stata la fine del mondo. I Maya avevano toppato, oppure abbiamo toppato noi a prendere sul serio un popolo la cui maggior gloria è stata quella di aver annunciato profezie catastrofiche a capocchia. Ma badate che gente che li ha presi sul serio ce n’è stata, sicuri che il nostro caro Pianeta sarebbe stato dilaniato proprio come si è sicuri che il quadrato non è tondo. Pensate alla «Matex security projects» di Pontedera, azienda che costruisce bunker, e al suo giro d’affari che è aumentato del 50% grazie al panico per l’imminente apocalisse.  Pensate a questi imbecilli ben forniti di quattrini (sì, perché un bunker costa 1500 euro a metro quadro) che a sera, seduti sul divano con la consorte, spenta la televisione dove era stata trasmessa l’ennesima simulazione con la Terra divenuta una palla di fuoco, hanno avuto l’alzata d’ingegno: «Cara, che disdetta, ora tocca farci il bunker, io chiamo il geometra, all’arredamento pensaci tu», e lei: «Oh, saremo felici lo stesso tesoro, peccato dover sospendere i nostri aperitivi del giovedì. Mi sorge solo un dubbio, per il bunker, le tende, meglio tinte scure in bagno di piombo contro le radiazioni gamma o sfumature pastello per non immalinconirci?». Dopodiché andate a spiegargli che se fosse arrivata la fine del mondo, difficilmente il bunker della «Matex security projects», con tanto di zona relax e biblioteca (non è mai troppo tardi per farsi una cultura) avrebbe retto all’urto. Evidentemente chi ha i soldi si è detto: perché rischiare? Nel dubbio, mi faccio il bunker, che poi di questi tempi non si sa mai, magari torna utile, una fine del mondo prima o poi ti tocca.  In Cina, ingegnosi come sempre, hanno progettato dei palloni abitabili a prova di acqua, ghiaccio e fuoco. Studiati per rifugiarsi in caso di terremoti o tsunami, li tenevano pronti anche per la fine del mondo. Forse c’è anche qualcuno che ci si è già chiuso dentro, e che ora rotola convinto di essersela scampata. Meglio lasciarlo nel suo guscio di certezze e aspettare che venga scoperto dai vigili che lo multeranno per senso vietato.  Poi c’è quel genio di Gérard Depardieu, il grande attore francese che vuole prendere la cittadinanza belga per sfuggire al fisco francese e, con la stessa intraprendenza, ha trovato anche la soluzione per evitare l’annichilimento previsto dal calendario Maya: ieri sera sarebbe andato a cena in un ristorante di Bugarach, un villaggio arrampicato sui Pirenei francesi dove, assicurano quelli che sanno le arcane cose, la mano distruttrice dei Maya non oserà estendersi. Bravo Gérard, ma stai attento che tra i camerieri non si camuffi un agente delle tasse o ti andrà di traverso il Saint-Émilion.  Bellissima anche la notizia che tra i luoghi risparmiati dai Maya ci sarebbe stata la pugliese Valle d’Itria, meriterebbe un’inchiesta sul campo per vedere quanti hanno passato la fatidica giornata in un trullo a prova di disintegrazione cosmica, abbracciando il motto «Vieni a salvarti in Puglia» promosso da un operatore turistico locale. Grandi affari anche per le aziende che producono kit di sopravvivenza, tutto quanto occorre per rifondare la civiltà dopo la sua estinzione: depuratori d’acqua, desalinizzatori, barrette proteiche, cibo in scatola, medicinali vari, manca solo il coltellino svizzero e il binocolo che vede attraverso i vestiti delle ragazze. Di fronte a queste follie viene il dubbio che abbiamo interpretato male il calendario Maya. Ieri non era il giorno della fine, era il pesce d’aprile.

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