Le foto della Stasi, la famigerata, sinistra e grottesca polizia della Berlino Est, escono pubblicate solo oggi in un libro di Simon Menner per i tipi dell'editrice Hatje Cantz. Autoscatti, due milioni di foto, ritrovati negli archivi da un fotografo che intende mettere in risalto quella triste pagina dell'Europa dell'Est del Novecento. Spie con l'ossessione per la fotografia, pronti a fotografare ogni dettaglio, ogni particolare, ogni sospetto, pronti a "fermare" con gli scatti la vita degli altri. Però questi figuri amavano anche riprendersi da sé o farsi riprendere, con delle eccezionali selfie (autoscatti fotografici), vestiti, anzi travestiti, occhiali neri e cappottone, eskimo e capelli all'occidentale come i giovani di Prenzlauerberg (quartiere di vita al di là del muro), o ancora con camicetta e jeans al ginocchio come i turisti considerati vero nemico di classe. E attenzione che per riprendere e farsi riprendere non usavano le famose macchine fotografiche tedesche orientali ovvero le Praktica, le Pentacon o le Exakta, ma tradizionali polaroid americane. La Stasi, acronimo di Ministerium für Staatssicherheit (Ministero della Sicurezza di Stato) fu creata nel febbraio del 1950 come una sorta di enorme tentacolo del già tristemente noto KGB, il servizio segreto dell'Unione Sovietica. “Se dovete sparare, fate in modo che la persona in questione non vada via, ma rimanga con noi”. Con queste terrificanti e mortifere parole, il ministro per la sicurezza della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) Erich Mielke nell'aprile 1989 si rivolse alle guardie di confine. Infatti, tra il 1961 e il novembre 1989 (anno del crollo del Muro di Berlino), più di 850 persone sono state uccise nel tentativo di attraversare il confine dalla Germania dell'Est alla Germania dell'Ovest e molte migliaia (non si conoscono cifre precise) sono state ferite - o per dirlo con il ministro Mielke, "sono rimaste nella DDR". Paziente lavoro sui sospettati, immagini carpite di nascoste nelle case perquisite quando la persona sospettata era al lavoro o all'università, con violazione della privacy e successivo arresto. Le immagini del libro ci mostrano selfie con agenti travestiti da spie (occhiali neri, baffi finti e colbacco), o da dissidenti pacifisti, addirittura vestiti da vescovi, vestiti da calciatori, o da professori universitari (categoria sospetta) o da ballerine, e ancora riprese durante il compleanno di un loro ufficiale, sempre alla ricerca di qualcosa. Tutto rientra nel capitolo degli "Affari Interni". Nelle perquisizioni delle case gli agenti rossi appuntavano l'attenzione su bandiere americane, foto dei Beatles, di Crosby, Stills, Nash & Young, modellini d'aerei tedeschi della seconda guerra mondiale, macchine da caffè Siemens avute in dono da parenti della Berlino occidentale. Tutto entrava nel mirino, ogni oggetto posseduto, e tutto diventava potenziale pallottola per colpire un sospettato, un povero compagno, un nemico di classe. Oggi, con questo libro e con le immagini degli 007 dell'ex DDR, si apre un concreto capitolo di storia del novecento, e di una storia amara, cruenta, alimentata dal sospetto, dalla calunnia, da un gesto, da una parola, da uno sguardo di troppo. Ecco il volto vero del comunismo, che di umano aveva ben poco, e soprattutto a Berlino nel “Muro” trovò e alimentò la sua falsa democrazia. di Carlo Franza