Sono passati 11 anni dall'invasione americana in Iraq per abbattere il regime di Saddam Hussein, reo, secondo l'amministrazione Bush, di aver armi di distruzione dei massa e di aver rapporti diretti con al Qaeda. Nessuna pistola fumante, allora. Oggi, però, dopo 10 anni di guerra e occupazione militare americana, i jihadisti stanno davvero effettivamente prendendo possesso del paese. Protagonista dell'allargamento a macchia d'olio è l'organizzazione terroristica dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, Isil, una costola dell'organizzazione che dopo la morte di Bin Laden fa a capo a Ayman al-Zawāhirī. Dopo essersi impadroniti della provincia settentrionale di Ninive e del suo capoluogo Mosul è caduta nelle mani dei miliziani anche Tikrit, la città natale del deposto e defunto presidente Saddam, 160 chilometri a nord di Baghdad. Ora la minaccia della nascita di un nuovo emirato islamico è reale. La marcia verso Bagdad - Nella notte sono continuati i combattimenti anche a Samarra, a un centinaio di chilometri dalla capitale. Ed è proprio verso Baghdad che i jihadisti si stanno dirigendo, provocando mezzo milione di profughi e che l'esercito non riesce a contenere. In un messaggio audio diffuso mercoledì e tradotto dal Site, il portavoce dell'Isil , Abu Mohammed Al-Adnani, chiama a raccolta gli insorti e li invita a marciare su Baghdad e critica il premier iracheno Nouri Al-Maliki per la sua "incompetenza". "Continuate ad avanzare, la battaglia a breve arriverà a Baghdad e Karbala. Indossate le vostre cinture e siate pronti", riporta il messaggio. I militanti dell'Isil sarebbero a meno di 100 chilometri dalla capitale dell'Iraq. E rivolto al premier Al Maliki: "Voi avete perso un'occasione storica per il vostro popolo di controllare l'Iraq e gli sciiti vi malediranno per sempre, fino alla vostra morte", aggiunge il messaggio. Oltre alla capitale e l'obiettivo prossimo dei jihadisti è quello di prendersi i centri nevralgici dell'economia. Ieri sono entrati nella nella regione di Baiji, ricca di pozzi petroliferi, dove sorge una delle più grandi raffinerie del Paese, ma sarebbero stati poi costretti a ritirarsi, dando alle fiamme il tribunale e un commissariato. La reazione degli Stati Uniti - Gli Stati Uniti dal canto loro si sento chiamati in causa più che mai dopo 10 anni di permanenza nella regione senza alcun risultato duraturo. Anzi, dopo aver rotto gli equilibri dell'intera regione e del paese, favorendo involontariamente l'avanzata del terrorismo. I contatti tra l'amministrazione di Al-Maliki e Obama si sono già avviati e, oltre agli aiuti economici, si starebbe parlando anche di un intervento con i droni. Le autorità irachene si sono dette pronte a permettere agli Stati Uniti di lanciare raid con droni contro i jihadisti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isis). A riferirlo è il Wall Street Journal citando fonti americane anonime secondo le quali l'amministrazione Obama sta valutando la possibilità dell'utilizzo degli aerei senza pilota, come avviene ad esempio spesso nello Yemen contro i miliziani di al Qaeda nella Penisola Arabica. Il rapimento dei diplomatici turchi - La giornata di ieri è stata caratterizzata anche dal sequestro del console turco a Mosul, Ozturk Yilmaz, che e' stato preso in ostaggio dai miliziani dell'Isil insieme ad almeno 45 cittadini turchi, tra i quali bambini e membri dello staff diplomatico. Secondo i media di Ankara, i jihadisti hanno fatto irruzione nel consolato, all'indomani del sequestro di 32 camionisti turchi sempre a Mosul, prendendo tutto il personale in ostaggio. Un responsabile turco ha detto che in seguito i prigionieri sono stati trasferiti al quartier generale dell'Isis in città e che tutti stanno bene. A seguito dell'attentato il governo turco ha chiesto una riunione d'emergenza della Nato per affrontare la situazione della sicurezza in Iraq. La reazione dell'Occidente - Il sostegno al governo e all'esercito iracheno, quest'ultimo in difficoltà, arriva dall'Occidente, dall'Onu, dal Iran e la Turchia. Unione Europea e Lega Araba, nel vertice ad Atene, hanno espresso in un comunicato congiunto la loro vicinanza ai vertici dello Stato. Il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, in un incontro con il suo omologo iracheno Hoshyar Zebari, ha sottolineato la "necessità che la comunità internazionale, l'Ue e naturalmente anche l'Italia sostengano il governo iracheno". Il ministero degli Esteri di Teheran ha dichiarato che "mentre (Teheran) condanna l'assassinio di cittadini iracheni, offre anche il suo sosteno al governo ed al popolo iracheno contro il terrorismo". Zarif, riferendosi direttamente al suo omologo iracheno Hoshyar Zebari, ha anche esortato "il sostegno della comunita' internazionale" a Baghdad.