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Migranti, cos'è il Global compact dell'Onu: il patto che ci condanna all'invasione

Giulio Bucchi
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«Il Global Compact for Migration è un vero e proprio invito a fare le valigie ed emigrare in Europa. Un invito diretto in particolare ai "migranti economici", quelli in cerca di lavoro per, le cui differenze con i profughi e i richiedenti asilo vengono attenuate dal trattato, che non vuole affatto ridimensionare il fenomeno migratorio, ma al contrario intensificarlo». È questo l' allarme lanciato dal giovane parlamentare tedesco di Alternative fur Deutschland, nonché portavoce della leader del partito Alice Weidel, Markus Frohnmeier, che si sta occupando in prima persona della questione in commissione. Sovranità a rischio - In questi giorni il dibattito in Germania circa l' adesione al Patto globale sull' immigrazione redatto dall' Onu è molto acceso. Secondo Frohnmaier «esso mette a rischio la nostra sovranità, in quanto prevede che i confini nazionali non debbano più costituire un ostacolo all' immigrazione. Esso è anche fortemente lesivo della libertà di espressione, dal momento che gli Stati firmatari sono obbligati a garantire sostegno al multiculturalismo, anche attraverso attività sportive, sociali, culturali, che facilitino la comprensione e l' apprezzamento reciproco tra migranti e autoctoni. Il Patto prevede addirittura di classificare la migrazione come diritto umano». Ma non è solo AfD a opporsi al Patto globale. Resistenze arrivano anche dalla Cdu di Angela Merkel. È stata proprio la parlamentare cristiano-democratica Marian Wendt a denunciare su Deutsche Welle la scarsa comunicazione da parte del Ministero degli Esteri ai parlamentari dei termini della questione. A lei ha fatto eco il ministro Jens Spahn che domenica scorsa al Welt am Sonntag ha ribadito l' importanza per la Germania di poter continuare a «controllare, guidare e limitare la migrazione». L' adozione del Patto globale sull' immigrazione da parte dei paesi sottoscrittori avrà luogo il 10 e 11 dicembre a Marrakesh, in Marocco, in occasione della conferenza intergovernativa promossa dalle Nazioni Unite. Mani legate - Il documento mal si concilia con la politica del Ministro dell' Interno Matteo Salvini, perché, sebbene preservi il diritto degli Stati a regolare secondo il proprio «diritto sovrano» le decisioni in materia, li impegna a «rivedere le leggi e i regolamenti pertinenti per determinare se le sanzioni sono appropriate per affrontare l' ingresso irregolare o il soggiorno e, in tal caso, garantire che siano proporzionate, eque, non discriminatorie e pienamente coerenti con il giusto processo e altri obblighi previsti dal diritto internazionale». Mentre a Berlino ci si interroga, gli Stati Uniti di Donald Trump hanno già fatto sapere dall' anno scorso la loro decisione di non sottoscrivere il trattato, affinchè le politiche migratorie del Paese continuino a essere determinate esclusivamente dagli americani. Quelli che non li vogliono - L' Ungheria di Orban ha fatto lo stesso, mentre il 31 ottobre scorso è stata la volta dell' Austria, che per bocca del cancelliere Sebastian Kurz ha ribadito che non avrebbe firmato il Patto; analoga decisione è stata presa dalla Repubblica Ceca proprio ieri. E stando alle dichiarazioni del suo primo ministro, anche la Polonia non ratificherà. «La vera soluzione al problema», secondo Frohnmeier, «è attuare serie politiche di sviluppo nei Paesi di emigrazione. La cooperazione non va intesa come un' elemosina, ma come un' opportunità anche per noi, finalizzata al contenimento dei flussi migratori e all' apertura di nuovi mercati. È ciò che dice anche Salvini, la cui politica noi giudichiamo molto positivamente». Già, vedremo a questo punto se l' Italia siederà al tavolo di Marrakesh. di Alessandro Sansoni

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