Rischiava addirittura la pena di morte, chiesta dal procuratore dell'accusa. Invece, Lee Jun-Seok, capitano del traghetto Sewol affondato il 14 aprile scorso al largo delle coste meridionali della Corea del Sud con un bilancio di 300 vittime, è stato condannato dalla Corte di Gwangju a 36 anni di carcere, mentre è stato prosciolto dalle accuse di omicidio. Lee, 69 anni, era stato accusato di aver abbandonato il traghetto sulle prime unità di soccorso giunte sul luogo del naufragio, mollando alla loro sorte i 476 passeggeri, in prevalenza studenti in gita e morti in gran parte nell'incidente. La procura aveva addebitato al capitano l'accusa di omicidio che, se accolta avrebbe comportato l'ipotesi di pena di morte, esistente nell'ordinamento sudcoreano, ma di fatto congelata in una moratoria ultradecennale. La sentenza è arrivata a cinque mesi dal fatto, mentre il processo a Francesco Schettino è ancora in corso, in attesa del giudizio di primo grado, a quasi tre anni dall'affondamento della Concordia al Giglio. In mattinata, intanto, il governo sudcoreano ha deciso la fine delle ricerche dei dispersi, mai interrotte dal giorno dell'accaduto. Allo stato attuale, secondo quanto detto dal ministro della Pesca e del Mare, Lee Ju-young, il numero totale di morti e dispersi è di 304: nove persone mancano ufficialmente all'appello, mentre i corpi recuperati sono 295, tra cui l'ultimo di una ragazza trovato dai sub alla fine dello scorso mese.