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Nessuna promozione per l'agente che ha incastrato Bin Laden

I colleghi della Cia le bloccano la carriera, lei: sono tutti invidiosi

Lucia Esposito
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  di Glauco Maggi Ha inseguito per anni il sogno di ogni agente della Cia della sua generazione di arrivare a Osama Bin Laden;  ha avuto l'intuizione giusta sulla pista da seguire nelle lunghe indagini; e alla fine ha fornito ai Navy Seals, su un piatto d'argento, l'indirizzo pakistano del capo di Al Qaeda. Ma pur essendo l'eroina di diritto nel film “Zero Dark Thirty”, che ricostruisce la storia della eliminazione del terrorista più ricercato al mondo ed è in uscita il 19 dicembre, l'agente Maya (il nome è naturalmente fittizio, l'attrice è Jessica Chastain che vedete nella foto) non ha avuto poi, nel suo nuovo incarico civile all'interno dell'agenzia, la promozione da GS-13 a GS-14 che le avrebbe garantito 16mila dollari in più nella busta paga annua. E questo, malgrado le fosse stato conferito a missione compiuta un riconoscimento ufficiale, Distinguished Intelligence Medal, che è la più alta onorificenza della Cia a parte quella data a chi è vittima di fuoco diretto. La vita degli 007 non è solo durissima e rischiosa sul “campo”, è anche crudele e spietata in ufficio, dove si scaricano le tensioni. Se la gloria è l'obiettivo supremo, sono l'orgoglio, le invidie, la competizione con i colleghi gli inevitabili ingredienti di una vita tutta di corsa, sempre sul filo sottile tra una fine tragica e una medaglia al valore. E Maya, che nella vita reale e nel film è stata il personaggio decisivo per la individuazione del nascondiglio di Bin Laden, è una donna tra i 30 e 40 anni con un caratterino che lèvati. Siccome la stessa medaglia è stata assegnata, contemporaneamente, a decine di altri “operativi” della Cia che avevano partecipato a vario titolo alle indagini, quando lei l'ha saputo ha scritto una email a tutti gli altri premiati con un messaggio dal tono brutale. «Voi altri avevate cercato di ostacolarmi, mi avevate combattuto. Solo io merito il riconoscimento», scrive il Washington Post.  La trama e gli episodi chiave della pellicola fanno capire la sua personalità, supermotivata al limite dell'invasato. Maya è di stanza in Afghanistan, ed è convinta che la traccia vincente sia scoprire i “corrieri” insospettabili che facevano la spola tra il capo e il resto di Al Qaeda con cui manteneva sporadici contatti. Durante un attacco alla sede della Cia di un gruppo di estremisti, assiste alla uccisione d'una collega. Il suo commento a caldo? «Credo di essere scampata perché così posso finire io il lavoro». Un tale combattivo atteggiamento è già noto al pubblico americano, ma solo grazie alla fiction di “Covert Affairs”, la serie TV in cui la protagonista è l'agente della Cia Annie Walker, non meno intrepida e cocciuta di Maya. Ma Annie è fantasia, e lei è realtà. «Non è di sicuro Miss Congeniality, ma non è ciò che serviva per prendere Osama», ha detto di Maya un suo ex collega, che ha anche raccontato come l'attenzione dei cineasti per l'agente sia stata accolta dagli altri con forte invidia. «L'agenzia è un posto buffo, e con gente di vedute grette. Sembrano bambini di scuola media nell'ora di libertà», ha aggiunto.   La portavoce della Cia Jennifer Youngblood ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche interne, senza spiegare il perché della non promozione di “Maya” ma spargendo i meriti su tutto l'organico: «Nel corso di un decennio, centinaia di analisti, operativi e altri hanno giocato un ruolo chiave nella caccia», ha detto. Una veloce sequenza dello stesso film mostra un waterboarding, l'interrogatorio con il finto affogamento che, compiuto dalla Cia di Bush sullo sceicco ideatore dell'11 settembre, è stato il primo tassello del lungo puzzle che ha portato Maya fino a Osama. La regista Kathryn Bigelow (vincitrice dell'Oscar con “The Hurt Locker”) e l'autore del copione Mark Boal hanno avuto un accesso privilegiato alla Casa Bianca, alla Cia e al Pentagono, e il permesso di incontrare l'eroina vera per scrivere un racconto fedele. La visione pubblica del film è stata posticipata rispetto ai piani iniziali che prevedevano l'uscita nelle settimane prima del voto di novembre, perché ciò l'avrebbe trasformato in uno smaccato spot per il presidente. E non solo quello: l'aver offerto informazioni da insider sull'operazione ha fatto scattare un'inchiesta amministrativa sulla possibile diffusione impropria di materiale classificato ai produttori della pellicola.  

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