Alfano ha vinto la battaglia. Ora riunisca il centrodestra
La sinistra che lo ha deriso per anni trattandolo da cameriere adesso lo celebra come anti-Cav. Angelino eviti rotture e diventi il capo di un grande movimento liberale
Che Angelino Alfano sia il vero vincitore della complessa partita che ha evitato la crisi di governo nessuno può metterlo in discussione. Non sono né Enrico Letta né Giorgio Napolitano le persone che hanno decretato la sconfitta dei falchi pro-elezioni. Il primo, con un discorso inutilmente privo di concretezza, siamo certi che non abbia convinto nemmeno un indeciso a votargli la fiducia. E il secondo, oltre a pronunciare le classiche prediche inutili a favore della ragionevolezza, altro ci pare non abbia fatto. No. È il segretario del Pdl l'uomo chiave di quel che è accaduto mercoledì. Lui, il ministro dell'Interno di cui fino a ieri la sinistra reclamava le dimissioni per il caso Shalabayeva, accusandolo di manifesta inadeguatezza, il dirigente senza «quid» che alcuni blog definivano un fesso, all'improvviso si è trasformato nell'eroe della stabilità. Dopo averlo descritto per anni come un uomo senza qualità, un maggiordomo alla corte del Caimano, cioè poco più che tappezzeria per un leader abituato a decidere tutto, ecco dunque che Angelino Alfano viene lodato e incoraggiato a tagliare definitivamente il cordone ombelicale che lo legava al suo padre-padrone. Si tratta di un atteggiamento che non ci stupisce. Da quando Berlusconi c'è, cioè da quando è sceso in politica, tutti gli alleati che in qualche modo si sono distanziati da lui o addirittura vi si sono contrapposti hanno ricevuto il plauso della sinistra e dei suoi giornali. Capitò a Bossi per primo: quando ruppe con il Cavaliere ci mancò poco che lo nominassero compagno ad honorem. D'Alema arrivò perfino a definire la Lega una costola della sinistra, salendo sul palco del Carroccio. Analogo trattamento fu riservato a Follini, che dopo essere stato vicepremier di Berlusconi e aver sostenuto la discontinuità, fu premiato con la ricandidatura nel Pd. Su Fini non vale nemmeno la pena di spendere parole: tutti ricordano che appena si ribellò fu portato in trionfo ed eletto a modello di una destra moderna ed europea. Non c'è dunque motivo di dubitare che Angelino Alfano sarà accolto con l'entusiasmo di una pecorella smarrita che torni all'ovile. Il buon democristiano che, capito l'errore, ripudia il passato e, affrancato dalla tirannide berlusconiana, si incammina sulla strada di un radioso presente. A dire il vero sulle prime pagine di ieri già spiccavano le prime lodi e le prime affettuose spinte a compiere il grande passo, cioè ad archiviare definitivamente Berlusconi abbandonandolo al proprio destino. Tuttavia il vicepremier sbaglierebbe se, gratificato dagli elogi, scegliesse la via della contrapposizione al Cavaliere e ai suoi fedelissimi. Alfano ha vinto, ma per consolidare la propria vittoria non ha bisogno di dichiarare guerra a chi fino a ieri gli stava a fianco. Questo può piacere alla sinistra, ma non piacerebbe all'elettorato moderato. Il quale non ama che ci siano troppi galli nel pollaio, a maggior ragione se oltre ad affollare il recinto i pennuti fanno a gara a beccarsi. Intendiamo dire che la strada del regolamento di conti, delle divisioni (due partiti sono meglio di uno) non conduce altrove che alla sconfitta. Ad Alfano non servono le benedizioni progressiste né le epurazioni. Semmai ha necessità di amministrare con intelligenza il patrimonio elettorale di Berlusconi, riuscendo nella non facile impresa di riunificare tutte le anime del centrodestra. Nel corso degli anni forze e figure che appartenevano all'area moderata per una serie di ragioni e anche per ambizioni si sono disperse o ritirate. La missione di Alfano dev'essere quella di recuperare ogni energia che possa rinforzare il fronte del centrodestra. Non serve un nuovo partito democristiano, che non avrebbe senso: serve un nuovo grande movimento liberale e liberista. Insomma, Angelino non si faccia ingabbiare nel ruolo di scissionista o di oppositore di Berlusconi che tanto piace ai suoi più recenti estimatori. Non segua le sirene di certi nemici storici che lo vogliono usare per liquidare il Cavaliere, ma salvi ciò che di buono c'è nel berlusconismo e costruisca la grande destra moderata italiana. Questa è l'unica sfida che potrà assicurargli non soltanto un futuro, ma anche un ruolo di primo piano sulla scena politica italiana. Tutto il resto sono lusinghe interessate. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet [email protected]