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Obiettivo: vedere il Cav sul lastrico

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La mazzate giudiziarie arrivano proprio nel momento in cui Berlusconi fa un passo indietro per favorire l'alleanza fra tutti i moderati. E non è escluso che alle sentenze segua anche una scalata al suo impero

Andrea Tempestini
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  La guerra a Berlusconi non si esaurirà con il suo addio a Palazzo Chigi, ma quando il Cavaliere sarà ridotto sul lastrico, costretto come Bettino Craxi ad espatriare per non essere tradotto in galera. Così profetizzava parecchio tempo fa uno che la sa lunga, o almeno così dice. Il quale non si tirava indietro nell'immaginare scenari nerissimi, di processi ma anche di ricadute economiche sull'impero del Biscione. Confesso che all'epoca il racconto mi parve fantapolitica, frutto di una mente fervida ma forse un po' troppo immaginifica. Ma ora, dopo l'uscita di scena traumatica causa intervento dei poteri forti e della Merkel, dopo la condanna Mondadori che ha obbligato l'ex premier a donare mezzo miliardo a Carlo De  Benedetti, e dopo la sentenza di ieri che descrive il Cavaliere come un bandito con «una naturale capacità a delinquere», appioppandogli quattro anni di carcere sulle spalle, cinque di interdizione dai pubblici uffici e tre dalla guida di società, ora, dicevo, lo scenario dipinto dal tipo che la sa lunga mi pare assai meno remoto di come mi sembrò tempo fa. Certo, tutti diranno che le condanne e l'addio al leader del centrodestra non hanno niente a che fare, che si tratta di vicende separate, di processi che corrono lungo i binari della giustizia e arrivano a destinazione secondo i loro tempi, i quali non hanno nulla a che vedere con le faccende politiche, le elezioni, le primarie e le alleanze fra questa e quella forza. Sicuramente è così come osservano i ben informati. Tuttavia fa una certa impressione vedere che la condanna giunge proprio nel momento di massima debolezza dell'uomo che era sceso in politica per fare anche in Italia la rivoluzione liberale. Colpisce che proprio mentre il Cavaliere getta la spugna arrivi questa stangata, la quale probabilmente non sarà la sola perché in dirittura d'arrivo ci sono pure altri procedimenti giudiziari, primo tra tutti il cosiddetto processo Ruby, cui dovrebbe aggiungersi il pronunciamento della Cassazione a proposito del maxi risarcimento a favore del gruppo Espresso. Dopo la truffa all'erario potrebbero dunque esserci la concussione e la prostituzione minorile, cui si aggiunge l'obbligo di aprire il portafogli e cacciare un altro pacco di milioni. La gragnuola di mazzate giudiziarie proprio nell'ora del ritiro, nel momento preciso in cui il leader dei moderati decide di fare un passo indietro per favorire l'alleanza fra tutte le forze che non si sentono rappresentate dalla sinistra, ma che anzi dai progressisti ex falce e martello si sentono spaventate e ne temono il ritorno. Coincidenze, sicuramente. Che però, se alle condanne si aggiungesse anche la scalata all'impero delle tv, potrebbero evocare gli scenari raccontati all'inizio. Già, perché secondo le ipotesi delineate, dopo le dimissioni di Berlusconi da premier sarebbero arrivate le sentenze che lo avrebbero messo fuori gioco e in seguito anche l'offensiva finale per conquistare Mediaset e il resto del gruppo. Fininvest possiede la maggioranza della società televisiva, ma si tratta di un pacchetto abbondantemente al di sotto del cinquanta per cento. Per cui basterebbe che i fondi d'investimento, spalleggiati dalle banche, si mettessero d'accordo e il gioco sarebbe fatto. Il Cavaliere non sarebbe più padrone in casa propria, spogliato del gruppo che ha fondato e contribuito a far crescere per infine affidarlo ai propri figli. Un golpe finanziario. Non un colpo di Stato ma un colpo al cuore di Berlusconi, il quale, privato del potere politico e anche di quello dei soldi, finirebbe espropriato d'ogni ruolo, anche di quello di imprenditore. Il Cav si ritroverebbe a mal partito, proprio come molti anni fa profetizzò Massimo D'Alema, il quale con la consueta cattiveria disse che la sinistra avrebbe mandato Berlusconi a chiedere l'elemosina sul marciapiede. O forse sotto un ponte. Frase che in bocca al Robespierre di Gallipoli sintetizza alla perfezione il sentimento nutrito a sinistra nei confronti dell'ex presidente del Consiglio. Fantasie di una mente troppo abituata ad occuparsi di complotti e di sgambetti? Può darsi. Certo, in questo paese abbiamo già visto delle fortune economiche e imprenditoriali sbriciolarsi in poco tempo. Raul Gardini, il contadino che si mosse come un corsaro nel mondo della finanza e sfidò, fino a umiliarlo, Enrico Cuccia, pagò a caro prezzo la sua scalata al potere. Appena la fortuna gli voltò le spalle, il sistema gli presentò il conto. Le banche gli chiusero i rubinetti, la politica (che lui aveva finanziato a suon di miliardi) lo abbandonò, i suoi stessi soci lo misero alla porta. Privato di ogni responsabilità, quando la giustizia bussò alla sua porta per arrestarlo con l'intenzione di lasciarlo marcire in galera, il grande giocatore d'azzardo si tirò un colpo di rivoltella, chiudendo così la sua straordinaria avventura di capitano d'azienda. A Berlusconi ovviamente non auguro una fine cruenta (anche se so che molti sognano questo finale di partita) come quella del povero Gardini. Ma vista l'aria che tira, e soprattutto le fantasie a cui i ben informati si lasciano andare, gli regalo un consiglio: si guardi le spalle, perché in questo Paese butta male e non basta mettersi alle spalle il passato per sentirsi al sicuro. Occhio. di Maurizio Belpietro  

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