Fuori le telefonate del presidente
La ricostruzione di "Panorama" smentita dal Colle ma non da Mancino: ora solo Napolitano può mettere fine a sospetti e veleni
Siamo alle solite: appena viene pubblicata una notizia che non garba, l'apparato politico-mediatico tanto caro alla sinistra si dà da fare per squalificare l'informazione, bollandola come torbida manovra della macchina del fango. È successo anche ieri, con l'articolo in cui Panorama rivelava il contenuto delle telefonate tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino intercettate dalla Procura di Palermo. L'operazione è stata preceduta da giudizi poco lusinghieri nei confronti del settimanale diretto da Giorgio Mulé, bollato come organo al servizio del potere berlusconiano. Poi è arrivata la velina del Quirinale, con cui il presidente della Repubblica chiamava a raccolta i suoi fan per respingere la manovra destabilizzante e la campagna di insinuazioni e sospetti. La ricostruzione delle frasi pronunciate dal capo dello Stato sarebbe tarocca, al punto che dal Colle si sono spinti a definire lo scoop del giornale mondadoriano come un autentico falso. Niente insulti ai pm di Palermo, nemmeno un appunto a Berlusconi, neanche una parola su Di Pietro: tutto inventato. A sentire il Quirinale si tratterebbe di una manipolazione. Ma se così fosse non si capisce come mai il capo della Procura siciliana abbia annunciato l'apertura di un'indagine per verificare se vi sia stata violazione di qualcosa o una fuga di notizie. Se a Panorama si sono inventati ogni riga, cosa c'è da scoprire? Se si tratta di una bufala, che c'entrano i magistrati palermitani? Al massimo il settimanale sarà perseguito dai giudici della località in cui viene stampato. Non solo. Se davvero lo scoop è un flop, ma perché mai ieri mattina Nicola Mancino non ha detto chiaro e tondo che lui e il presidente non si erano mai scambiati quelle frasi? Al contrario, interpellato, l'ex ministro dell'Interno, nonché già presidente del Senato e vicepresidente del Csm, si è fatto sfuggire alcune frasi sibilline: «Non sono io a dover dire se corrispondono al vero o no. Gli atti dovrebbero essere secretati e non si capisce chi ne ha violato la secretazione». Delle due l'una: o la rivelazione di Panorama è falsa e dunque non c'è stata alcuna violazione del segreto istruttorio, oppure le frasi sono vere e perciò la fuga di notizie c'è. Insomma, più si va avanti e più la faccenda si intorbidisce, non per colpa dei giornali, ma per la reticenza dei protagonisti di questa storia. I quali fanno a gara nell'alzare un polverone, nel tentativo di far perdere l'orientamento a chi ha intenzione di capirci qualcosa. Da due mesi i giornali e la politica si interrogano su quanto ha detto il capo dello Stato nelle intercettazioni captate dai pm di Palermo. La Procura nega che vi sia qualcosa di penalmente rilevante, ma per ora si tiene le registrazioni evitando di distruggerle. A questo punto il presidente della Repubblica ricorre alla Corte costituzionale, per ottenere ragione nello scontro con i pubblici ministeri siciliani. Sui giornali e in bocca ad alcuni onorevoli cominciano a circolare le prime indiscrezioni a proposito del contenuto delle conversazioni tra Napolitano e Mancino. Infine, ecco arrivare Panorama che pubblica la sintesi di quelle frasi, con la bufera politica che ne segue e l'accusa per il settimanale della Mondadori di aver ordito una torbida manovra. Tuttavia, se davvero il capo dello Stato avesse voluto evitare insinuazioni e manipolazioni, se davvero non avesse nulla da nascondere, nemmeno l'imbarazzo per ciò che ha detto al telefono, sarebbe bastato che lui stesso rendesse pubblico il suo pensiero, evitando speculazioni o sospetti di ricatti. Il presidente della Repubblica sa ciò che ha detto al telefono e se ha perso la memoria basterebbe una conversazione con i pm di Palermo, sua o di qualche suo funzionario, a rinfrescargliela. Dunque, se vuole evitare che il clima di veleni e di sospetto si diffonda, non servono le veline, rilanciate dalla stampa e dai partiti amici: è sufficiente che Napolitano parli e racconti di che cosa ha discusso con Mancino. Lo abbiamo già scritto: più il tempo passa e i tentativi di tener segrete le intercettazioni aumentano e più cresce la curiosità di conoscere cosa c'è in quelle registrazioni. Una curiosità che non si placherà con il «Non ci sto» diffuso ieri dal suo ufficio stampa. di Maurizio Belpietro