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Nel Pdl non riescono neanche a dimettersi

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Bondi dopo aver letto 'Libero' si dimette, ma alla fine è rimasto al suo posto

Andrea Tempestini
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Ieri mattina le agenzie di stampa ci hanno informato che l'onorevole Sandro Bondi si è dimesso da coordinatore del Pdl. La notizia ci ha colto del tutto impreparati, principalmente perché non sapevamo neppure che l'ex ministro fosse in carica. Da tempo infatti ne avevamo perso le tracce, al punto che dopo la sua sfortunata esperienza ai Beni culturali ritenevamo si fosse ritirato a scrivere poesie. Dai dispacci dell'Ansa abbiamo appreso invece  che Bondi non solo non si è pensionato, ma ancora occupa il posto di triumviro del Popolo della libertà, incarico da cui si è affrettato a dimettersi dopo il titolo di prima pagina di Libero. Da quanto abbiamo capito, l'ex ministro non ha digerito la nostra lettera ai vertici del partito, con la sollecitazione a dimettersi tutti. Per questo, essere stato invitato a far le valigie, Bondi le avrebbe polemicamente fatte. Non prima però  d'essersi  dichiarato privo di ogni responsabilità nella sconfitta elettorale e di averci accusato di attacchi e denigrazioni personali, oltre che di colpe nel naufragio del centrodestra ai ballottaggi. «Una delle ragioni più evidenti delle nostre difficoltà», ha spiegato il pio coordinatore, «riguarda direttamente la linea, gli argomenti e il linguaggio  stesso di quei quotidiani che, come Libero, dichiarano di riconoscersi nell'area di centrodestra».  Affermazioni così azzardate ovviamente meritano una risposta. Prima di entrare nel merito di quanto sostenuto dall'onorevole Bondi, vogliamo però tranquillizzare i lettori allarmati dalla notizia delle dimissioni del triumviro: l'addio è già stato respinto. Berlusconi e Alfano in persona hanno pregato il coordinatore di rimanere al suo posto, per cui tutto procederà come prima, nella migliore tradizione. Dimissioni finte per un vertice finto, che è già stato commissariato un anno fa, con la nomina a segretario di Angelino Alfano. Ma ora veniamo al dunque, cioè alla reazione permalosa dell'ex ministro, il quale, senza neppure essere stato da noi citato e nonostante si sia da tempo fatto dimenticare, si è sentito tirato in ballo e - punto sul vivo - ha reagito accusandoci d'essere alla base delle difficoltà in cui versa il Pdl. Quale sarebbe il nostro torto? Di usare un linguaggio franco e non genufletterci  di fronte ai voleri del Popolo della libertà e dei suoi capi? Beh, allora dobbiamo dichiararci colpevoli. Da quando abbiamo l'età della ragione non riusciamo a nascondere il nostro pensiero e, giusto o sbagliato che sia, abbiamo l'abitudine di esporlo in maniera chiara, affinché l'interlocutore lo capisca. Per quanto ci sforziamo di correggerci e di rendere un po' più incomprensibili e più sfumate le nostre opinioni, alla fine il vecchio vizio di dire pane al pane e vino al vino ha il sopravvento e la frase ci scappa di bocca o dalla penna.  Ciò detto, restando alle parole nette, per quanto la si voglia far sembrare   un mazzo di fiori  degli elettori, quella dei ballottaggi  era e rimane una sconfitta, anche se dirlo provoca un dolore al tenero Bondi. E le sconfitte, così come le vittorie, di solito se le intestano i gruppi dirigenti, i quali a seconda dei risultati o vengono riconfermati o vanno a casa, concludendo la propria carriera. L'ex ministro dice di aver letto attentamente il nostro editoriale e di non avervi trovato una sola ragione «seria, motivata e onesta delle cause vere» che hanno provocato la disfatta del Popolo della libertà. La qual cosa ci colpisce: segno evidente che il coordinatore, nonostante recensisca libri, ha difficoltà nella lettura. Ieri abbiamo scritto che le ragioni del fiasco sono da ricercare negli errori del governo Berlusconi, nell'appoggio a un esecutivo che applica il programma del Pdl al contrario, nell'impresentabilità di alcuni candidati e nel fallimento di alcuni sindaci. Si può essere d'accordo o meno su quanto diciamo, ma è difficile sostenere che gli argomenti portati non siano seri, motivati e onesti. Soprattutto non ci si può dichiararsi «intellettualmente onesti» e poi ravvisare nelle critiche di un quotidiano i motivi di una débâcle. Non è per gli argomenti di Libero o per il suo linguaggio se a Parma il Pdl è passato dal 30 per cento al 4, ma per la disfatta dell'amministrazione di centrodestra. Dov'era l'onorevole Bondi quando la giunta emiliana sprofondava nel baratro della vergogna? Faceva il coordinatore di un partito o passava il tempo a scrivere poesie? Si era accorto che qualcosa non funzionava e in tal caso aveva agito di conseguenza? Il triumviro con la passione delle arti, oltre a inviare lettere ai giornali, ne ha mai inviata ad esempio una al sindaco di Palermo, l'uomo che insieme alla giunta Pdl è stato travolto da una montagna di rifiuti? L'elenco ovviamente potrebbe continuare, perché ogni singolo tracollo del Popolo della libertà ha le sue ragioni e non vanno di  sicuro cercate tra le righe di Libero.   Nelle dichiarazioni alle agenzie di stampa, l'onorevole Bondi dice di non sentirsi colpevole di alcunché. Bene, ne siamo felici: sapere che l'ex ministro e i suoi colleghi non si ritengono responsabili della batosta elettorale ci aiuterà a dormire più sereni.  Non siamo però sicuri che altrettanta serenità la manifesteranno gli elettori quando saranno di nuovo chiamati ad esprimersi. Per ora, comunque, ai vertici del partito auguriamo una buona notte, sperando che sia breve.  

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