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Italia sottomessa, ora gli speculatori comprano

Monti dice un sì incondizionato all'Europa. Soros e Goldman Sachs acquistano titoli italiani: "Non potete fallire..."

Giulio Bucchi
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La tempesta sta passando? Venerdì lo spread fra Btp e Bund ha chiuso a 417. Una differenza ancora spropositata, ma in calo. Anche perché finalmente i soldi promessi dai capi di Stato europei forse saranno reali. Veri. Concreti. Non sulla carta. Insomma gli investitori potranno concentrarsi  su cosa comprare più che su cosa vendere. E quando si sente l'odore dei soldi, gli speculatori preparano la tavola. Così dopo aver depresso e schifato i titoli di debito italiano e, di conseguenza, le banche tricolore (ricche di Btp in pancia), arriva il contrordine. A questi prezzi e con questi rendimenti, chi ha la grana disponibile compra. Alla faccia del rischio default o delle minacce di euroesplosione. Eccoli allora gli amici-nemici del Belpaese mettersi in fila per prendersi un pezzo di Italia. In pole position c'è una vecchia conoscenza delle speculazioni monetarie: George Soros (nella foto), uno dei protagonisti dell'attacco alla lira nei primi anni '90, che portò la nostra vecchia moneta fuori dallo Sme, e dell'operazione anti-sterlina che fruttò un miliardo di dollari al finanziere di origini ungheresi. Ora il guru degli hedge funds  ha cacciato ben due miliardi di dollari -  ha scritto il Wall Street Journal - per accaparrarsi i “gioielli” messi all'asta dopo il fallimento di Mf Global Holdings, la società di gestione di fondi Usa, guidata da John S. Corzine, ex ceo di Goldman Sachs ed ex governatore del New Jersey, recentemente andata in bancarotta: in portafoglio aveva circa 6,3 miliardi di titoli pubblici europei e quasi la metà erano italiani. E Soros, da buon affarista, pare sia riuscito anche a prenderli a sconto. Chi compra  ha fiducia. Un sentimento che ha contagiato anche la temibile Goldman Sachs, la banca d'affari americana accreditata come la più potente al mondo. Ebbene - notizia di tre giorni fa - uno dei suoi più famosi analisti,  Jim O'Neil è arrivato a dire  che i Btp sono un buon affare: «Non credo che l'unione monetaria possa sopravvivere senza l'Italia. Allo stesso tempo l'Italia non può permettersi rendimenti superiori al 7%, quindi - ha concluso l'inventore  dell'acronimo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) -  deve succedere qualche cosa». E il vertice di Bruxelles ha spinto nella direzione giusta: più rigore e quindi più sicurezza. Ma allora, se il nostro Paese non è più in pericolo, anche le banche potrebbero risorgere. Un ragionamento che hanno fatto i soliti di Goldman Sachs: hanno deciso di cambiare la raccomandazione sul comparto da underweight a neutral. Strano, solo il 30 novembre  la banca Usa aveva spostato il settore in posizione di sottopeso nel portafoglio in scia alla convinzione che il contesto economico si stesse deteriorando... Tuttavia, alla faccia delle richieste dell'Eba (15,5 miliardi di ricapitalizzazione per gli istituti italiani), le nuove modalità di finanziamento concordate dalla Bce e dalle altre Banche centrali dovrebbero contribuire sensibilmente a compensare le pressioni della crisi sulle banche. Stiamo parlando, per esempio, della possibilità di offrire per tre anni prestiti illimitati con un tasso dell'1%. Una mossa - dicono dall'America - che «ha superato le nostre aspettative». In più gli istituti potranno fornire alla Bce, come garanzia per la liquidità, anche titoli  coperti da mutui con rating più bassi, e potranno abbassare all'uno per cento  la riserva obbligatoria (come quota dei depositi). «La portata di queste misure risponde direttamente alle preoccupazioni sul funding delle banche», ha concluso Goldman: ora «ci aspettiamo un positivo impatto sui margini, sui prezzi dei depositi e sulla disponibilità di prestiti». E, non lo dicono, che i prezzi vadano su. di Giuliano Zulin

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