Piccola lezione sui dazi, sul libero scambio e sul ruolo della Cina. Dopo aver incassato la promozione di S&P sulla stabilità finanziaria dell’Italia e dei suoi conti pubblici ieri Giancarlo Giorgetti si è messo in cattedra alla Scuola politica della Lega, dove con semplici ma solide argomentazioni ha smontato tutta la narrazione del Trump pazzoide che sta distruggendo il paradiso terrestre del commercio mondiale. Tesi che nel suo piccolo Libero ha messo in discussione sin dal Liberation day. Ma ascoltiamo il ministro dell’Economia.
Lezione numero uno. Il presidente Usa è uscito fuori di testa e vuole dichiarare guerra alla Cina? Non è proprio così. Dal punto di vista geopolitico e rispetto alla Cina, ha spiegato Giorgetti «gli Usa non possono accettare di essere insidiati da una potenza che ormai non è più soltanto economica, ma che diventa una potenza tra virgolette militare, con strumenti affatto nuovi e la competizione è su tante cose, ad esempio sull'intelligenza artificiale. I cinesi sono più forti o meno forti? E questa corsa come condizionerà gli equilibri? Quindi, qui è in gioco questo tipo di partita e i dazi sono uno strumento che - in modo diciamo anche disinvolto e vedremo quanto efficace - l'amministrazione americana sta usando per cercare di riequilibrare quello che altrimenti diventerà uno squilibrio strutturale, definitivo e anche politicamente devastante. Il fatto che la sovracapacità cinese in termine di produzione possa alla fine far risentire questo tipo di capacità industriale e tecnologica dell'Occidente e degli Stati Uniti è qualcosa che gli Usa probabilmente cercano di prevenire o debellare prima che sia troppo tardi».
Sintesi: l’America non è impazzita, ma sta combattendo uno squilibrio strutturale devastante. Lezione numero due. Trump ha distrutto il libero scambio globale delle merci? Sentite qua. «Oggi si discute di dazi e di tariffe, parliamo di un ritorno del mercantilismo», ha detto Giorgetti, «ma occorre dire con tranquillità che il Wto è già morto da qualche anno. Questo momento chiamiamolo così, come le doglie di un parto, è il parto di un nuovo sistema in cui alcune regole dovranno essere riscritte, un nuovo ordine mondiale dovrà essere definito e tutto il mondo uscito da Bretton-Woods e dalla seconda guerra mondiale va risistemato». In altre parole, «è un momento di grande cambiamento in cui quello che veniva dato per scontato, dalle regole di comportamento alla globalizzazione, il commercio libero, sono messi pesantemente in discussione. Questo scossone che parte dall'amministrazione Trump, in parte dalla politica, ridisignerà anche i confini ed equilibri mondiali non soltanto politici ma anche economici». Sintesi: gli Usa stanno ridisegnando equilibri mondiali che di fatto erano già morti.
Terza ed ultima lezione. Giorgia Meloni sta provando a giocare la partita da sola e contro Bruxelles? La verità, ha spiegato il ministro dell’Economia, è che «lo sforzo dell'Italia per mantenere i legami forti con gli Stati Uniti è strategico e importante anche per l'Europa». Tanto è vero, ha detto nel corso di un videocollegamento da Varsavia, dove è in corso un vertice informale dell’Ecofin, che nel corso dei summit europeo «in tanti guardano al rappresentante, al ministro italiano». Sintesi: il presidente del Consiglio sta sfruttando i suoi rapporti personali, come ha detto Ursula von der Leyen, per dare una mano alla Ue.
Anche se la missione, ha ammesso il titolare di Via XX settembre, non è semplice: «Dobbiamo trovare una sintesi, un compromesso corretto per trovare elementi di forza nel mondo del G7 cioè dei paesi che condividono i principi di democrazia». Intanto, sul fronte delle tariffe la notizia di ieri è che su pc e telefonini la partita non è affatto chiusa. Le esenzioni sono solo temporanee, ha fatto sapere il segretario al commercio Howard Lutnick, i dispositivi elettronici saranno infatti soggetti probabilmente ad altre tariffe stabilite nell'ambito di un'indagine sul settore dei semiconduttori. Su questi ultimi, ha detto, i dazi «arriveranno in uno o due mesi».