Libero ha un nuovo sito web, è la nostra (e vostra) nave corsara. Durante il varo, come sempre, c’è chi issa le vele, chi lucida gli ottoni e chi si dà da fare con il martello sul ponte, ma siamo in mare, navighiamo e lo scafo è filante come uno yacht da corsa. Questo battesimo nel mare della Rete, a 25 anni dalla fondazione del nostro giornale, per me è anche una regata della memoria, il ritrovo di un tempo che non è perduto.
Il giornalismo entrò in una (in)consapevole fase rivoluzionaria 36 anni fa, quando nel 1989 Tim Berners Lee inventò il World Wide Web, lo spazio di Internet. Iniziò per tutti noi una fase di sperimentazione, la cultura digitale si diffuse (in maniera caotica) e l’Italia fu tra i pionieri, il primo quotidiano digitale in Europa nacque nel 1994, fu L’Unione Sarda. Nell’isola c’erano (e ci sono ancora, se vi fosse una classe dirigente all’altezza della sfida) tutte le condizioni per far nascere una Silicon Valley europea. Come spesso capita nella storia, vi furono le intuizioni, ma erano in anticipo sui tempi di sviluppo e anni luce avanti rispetto alla cultura politica che serviva per far lievitare le economie esterne necessarie all’innovazione. Si passa alla storia, ma senza avere fortuna. È in quegli anni che l’Italia ha perso il treno della rivoluzione digitale e dello sviluppo economico del futuro. Nel 1998 arrivai dal Giornale - dove ero capo della cronaca di Milano - alla direzione dell’Unione, ero giovane, amavo il mestiere, ero affamato di sapere, quel “ritorno a casa” fu per me la straordinaria occasione per scoprire un nuovo modello di produzione e distribuzione delle notizie, il giornalismo in tempo reale, senza limiti di spazio e di tempo. L’Unione aveva lettori in tutto il mondo, era una famiglia che abitava in un’isola digitale, creata da un laboratorio di nuovi spazi e format del giornalismo. Tornai al Giornale nel 2001, ma conservo un tesoro di ricordi che sono diventati uno dei libri di vita vissuta della mia formazione umana e professionale. A mio modo, sono stato anche io in anticipo e forse, un giorno, sarò felicemente in ritardo in un mondo in cui è impossibile essere puntuale.
Ventisette anni dopo, giunto alla direzione di Libero (fondato dal direttore che mi offrì il mio primo contratto, Vittorio Feltri, quando era al comando della sua prima nave corsara, L’Indipendente) l’impresa digitale non è più nuova, ma rinnovata ogni giorno dalla spinta tecnologica, dal cambio degli stili di consumo dei media, dalla rivoluzione dei social, dall’Intelligenza Artificiale che promette molto e vedremo quanto cambierà (anche) il nostro mestiere, dalla storia che propone sfide complesse, sempre più profonde e accelerate.
Rifare il sito web di Libero era importante per cavalcare la transizione del settore dell’editoria, dare agli investitori pubblicitari una piattaforma pop e rock per far conoscere i loro prodotti, continuare a proiettare il quotidiano verso un pubblico più ampio, introdurre elementi nuovi di “news design”, una grafica con titoli più efficaci, formati audio e video da condividere, una “cascata” di sezioni facile da consultare, tutto sempre nel segno del linguaggio diretto, caustico, ironico di Libero. È la vecchia arte della tipografia aggiornata, al passo con i tempi, che aiuta a catturare l’attenzione dei giovani e di una moltitudine di persone che amano informarsi mentre viaggiano, vogliono sapere, conoscere senza rinunciare al piacere e al divertimento della lettura.
Sono questi gli elementi che fanno di Liberoquotidiano.it uno dei siti di informazione più letti in Italia, in questi mesi - grazie al lavoro di una redazione eccezionale - abbiamo messo a segno risultati importanti e i 25 anni della fondazione del quotidiano ci danno ancora più slancio in questa esplorazione dell’universo digitale. È un eterno nuovo inizio, seguiteci, il nostro è un mondo Libero.