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La Borsa e la vita: cosa c'è davvero dietro le scelte di Donald Trump

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Mario Sechi
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Paolo Gentiloni su Repubblica ha scritto che Donald Trump ha ereditato da Joe Biden «un’economia in buona forma: crescita record, tenuta dell’occupazione, inflazione ancora sostenuta (da qui il malessere sui prezzi) ma comunque in declino». Gentiloni è un politico intelligente, ha il passo felpato e la pazienza del capitano di lungo corso, ma sa che questa visione si scontra tragicamente su un muro di titanio: il risultato delle elezioni presidenziali. Gli elettori americani non sono vittime di un’allucinazione collettiva, Biden ha perso perché guardava i dati macroeconomici, ma non andava a fare la spesa al supermercato, era distante dalla realtà quotidiana. Quale? Lo spiega Jason Furman, docente ad Harvard, ex economista dell’amministrazione Obama, in un articolo su Foreign Affairs dedicato alla «tragedia della Bidenomics», eccone un passaggio chiave: «L’inflazione, la disoccupazione, i tassi di interesse e il debito pubblico erano tutti più alti nel 2024 rispetto al 2019.

Dal 2019 al 2023, il reddito familiare corretto dall’inflazione è diminuito e il tasso di povertà è aumentato». Gioco, partita, incontro. Il sistema economico americano è drogato dalla spesa pubblica che alla fine ha provocato le classiche conseguenze inattese. Biden non era Franklin Delano Roosevelt - e probabilmente Donald Trump non sarà Ronald Reagan - ma qui sta la spiegazione dei fatti di ieri e di oggi, quello che Gentiloni e i piazzisti del sabato di Repubblica non vogliono vedere. Cosa sta succedendo? Intervistato da Maria Bartiromo su Fox News, Trump domenica scorsa non ha escluso che gli Stati Uniti possano andare in recessione. Ha detto la verità (capita anche questo) e lo ha fatto ben sapendo cosa avrebbe provocato. Perché? Trump sa che la politica dei dazi nel breve periodo rischia di produrre più inflazione - il cigno nero di Biden - e per questo fa avanti e indietro con le tariffe, creando confusione tra gli investitori, ma in questo momento per lui i dazi sono un’arma negoziale e il suo «stop and go» è solo all’inizio. Trump sa anche che i mercati comprano e vendono e a uno come lui non piace vedere Wall Street in profondo rosso, ma per la prima volta il Presidente sembra disposto a sopportare (vedremo per quanto tempo) un calo dei listini azionarie un’economia in contrazione. L’obiettivo di Trump è demolire la «Bidenomics», il meccanismo di spesa che ha sì alimentato la crescita, ma facendo volare il debito, i prezzi e le diseguaglianze. La Casa Bianca sul piano esterno usai dazi, su quello interno i forti tagli al bilancio federale.

È la ricerca di un nuovo equilibrio e, certo, può cadere, ma è intellettualmente disonesto dire che l’economia ha invertito la rotta in poche settimane perché Trump «ha fatto il matto», anche perché quando qualcuno faceva notare che qualcosa nella politica economica di Biden stava andando storto, gli esperti rispondevano accigliati che si trattava di una «vibecession», una sorta di vibrazione negativa, mentre ora che Trump è in carica da poche settimane, voilà, la «sensazione» che le cose non vanno bene è svanita per lasciare il posto al caos e «Houston, abbiamo un problema economico». D’altronde, è la stessa allegra famiglia democratica che raccontava di un presidente nel pieno delle sue facoltà, forte come Iron Man. Il mutamento di clima economico è in corso da tempo, lo ha registrato la Federal Reserve di Atlanta qualche giorno fa e il segretario al Tesoro, Scott Bessent, lo ha detto con chiarezza: «Gli Stati Uniti si stanno avviando verso un periodo di disintossicazione» e l’economia «inizierà a girare un po’». La cura ucciderà il malato? Vedremo, ieri ho ricordato che il vero nemico di Trump è il prezzo delle uova, sono le piccole cose della vita quotidiana a indirizzare le scelte dei presidenti, il costo della colazione, del pranzo e della cena degli americani. In pace e in guerra.

Domani saranno pubblicati i dati sull’inflazione in febbraio e avremo altri elementi utili per leggere la rotta e vedere quanto vicini sono gli scogli. Intanto l’esercito italiano di anti Trump in servizio permanente effettivo va in piazza sabato, fa un tifo pazzo per un rovescio del ciclo Maga, ma se la speranza è questa, si tratta di un gioco di rimessa destinato comunque alla sconfitta, perché è uno schema vecchio e autolesionista: se l’economia americana si ferma, la prima vittima sarà l’export europeo, in particolare dell’Italia che nel 2024 ha messo a segno un surplus di 44 miliardi di dollari. A cascata, ci saranno conseguenze sulle decisioni delle banche centrali e l’Unione europea - che deve finanziare il nuovo piano di Difesa - si ritroverà di nuovo in pieno stress da debito. Augurare il male al tuo nemico a volte può essere contagioso. Bisogna essere più gentili che Gentiloni.

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