Christine Lagarde bocciata dagli economisti per la sua cautela
Qualcuno potrebbe dire che è divisiva. Che per un presidente della Bce non è proprio un vanto. Ma Christine Lagarde dovrà accontentarsi. Del resto, non capita così spesso che il capo della politica monetaria dell’Europa, per sua stessa ammissione, non riesca a vedere più in là del suo naso, sbagliando tutte le previsioni sull’inflazione, e mandi a picco le Borse all’indomani della più terrificante pandemia del dopoguerra dichiarando che non spetta alla Bce «ridurre gli spread» (12 marzo 2020, Piazza affari -17%). L’Eurotower è stata troppo lenta nel tagliare i tassi d'interesse per aiutare l'economia stagnante dell'Eurozona. È questo il verdetto che emerge da una rilevazione condotta dal Financial Times su ben 72 economisti dell’Ue. Per carità, non tutti si sono scagliati contro la Lagarde. Però il 46% degli intervistati ritiene che la Bce sia «rimasta indietro» e non sia in linea con i fondamentali dell’economia. Il 43% ritiene invece che la Banca centrale sia sulla «strada giusta». Mentre nessuno pensa che la Lagarde sia «in anticipo sulla curva». Quando mai.
La notizia può sembrare banale solo a chi ha la memoria corta. A chi a dimenticato il tormentone delle decisioni prese «riunione per riunione» sulla base dei dati, il disorientamento dei mercati e delle imprese (nessuno investe in mancanza di certezza) di fronte ad una linea di politica monetaria mai tracciata, l’insistenza con cui la Lagarde, fino all’ultima riunione di dicembre in cui l’aggettivo è stato finalmente sostituito da «appropriata») ha ribadito a testa bassa l’intenzione di procedere su una politica «restrittiva» del costo del denaro finché necessario, la ritrosia nello sforbiciare i tassi di interesse malgrado le nubi della recessione (che ha poi travolto la Germania) all’orizzonte. Ma anche a chi ha dimenticato le reazioni furibonde degli espertoni della sinistra alle lamentele del governo, accusato di lesa maestà per essersi permesso in un paio di occasioni di criticare il passo del bradipo adottato dalla Lagarde di fronte ad una inflazione in evidente e deciso calo e ad una economia in evidente e deciso rallentamento. Ora a puntare il dito sulla Bce non sono più i Tajani, i Salvini, i Giorgetti (quello nominato due giorni fa dal Financial Times ministro delle Finanze dell’anno), i buzzurri e anche un po’ ignoranti ministri del governo di centrodestra. A criticare la Lagarde c’è la crema della finanza europea, analisti ed economisti che quando fanno un passo falso fanno perdere miliardi a clienti e investitori.
E, pensate un po’, la maggior parte di loro neanche ritiene più l’Italia il vaso di coccio della Ue. Un altro elemento di rilievo del sondaggio del quotidiano finanziario, è infatti che ora la maggioranza degli economisti intervistati, il 58%, ritiene che le maggiori preoccupazioni tra i Paesi dell'area euro riguardino la Francia, mentre solo un 7% cita l'Italia. E in questo caso, rileva il Ft, si tratta di un drastico cambiamento rispetto a due anni fa, quando 9 economisti su 10 rispondevano a una domanda analoga indicando invece il nostro Paese. Vuoi vedere che aveva ragione Giorgetti e torto Lagarde? Apriti cielo, eresia. Eppure le legnate arrivate ieri dal quotidiano della City all’indirizzo della capa della Bce lasciano pensare che sia proprio così. L'analisi di Ft cita Karsten Junius, capo economista della banca Safra Sarasin, secondo cui il processo decisionale sui tagli dei tassi alla Bce risulta più lento di quello della Federal Reserve o della Banca Nazionale svizzera. L'esperto critica poi la tendenza della Lagarde a cercare sempre il più ampio consenso nel direttivo. Mentre per il capo economista di Unicredit, Eric Nielsen la Bce aveva giustificato la sua aggressiva manovra di rialzi dei tassi con la necessità di tenere l'inflazione sotto controllo. Ma non appena i rischi di disancoraggio delle aspettative di inflazione sono svaniti, avrebbe dovuto tagliare i tassi in maniera più rapida possibile e non con passi graduali a colpi di riduzioni dello 0,25%, come sta facendo. E ora chi glielo dice ai paladini dell’infallibilità della Bce che la Lagarde potrebbe aver compromesso la ripartenza dell’Europa?