Supermercato, giù pasta e carne: cosa cresce, un dato in controtendenza
Come cambia la spesa degli italiani. Il report sui primi nove mesi dell’anno, pubblicato in settimana dall’Ismea restituisce una fotografia parzialmente inattesa delle nostre abitudini d’acquisto. «Dopo l’incremento nel 2023, che resta il più alto degli ultimi anni (+8,1%)», si legge nell’analisi dei dati, «la spesa nel corso dei primi nove mesi del 2024 rallenta bruscamente (+0,5%) la crescita che aveva caratterizzato gli ultimi due anni». Questa inversione di tendenza si sta riflettendo anche sui cartellini, visto che «a fronte di prezzi medi che in alcuni casi segnano i primi ripiegamenti, tornano ad aumentare i volumi nel carrello di alcuni prodotti».
Ma la frenata non è uniforme in tutti i canali di vendita. «Il supermercato resta il canale predominante con il 41% di share e con una performance positiva in termini di fatturato del 2,3% sui primi nove mesi del 2023, stabile il valore della spesa effettuata presso gli ipermercati. Il discount continua a migliorare le proprie performance mettendo a segno nei primi nove mesi del 2024 un aumento degli incassi dell’1,4%, che si somma al +10% registrato nel 2023.
In riduzione la spesa presso il canale dei “liberi servizi” (-4,4%) e del dettaglio tradizionale (-6,7%)». Le botteghe sono quelle che soffrono di più, mentre prosegue il travaso a beneficio dei discount, anche se la crescita delle catene che puntano sui prezzi bassi ha rallentato di brutto.
Dopo questi ultimi spostamenti i discount, in valore, pesano per il 22% sulla spesa degli italiani. Supermercati e ipermercati continuano a rappresentare i canali elettivi, rispettivamente con il 41 e il 23%. Il piccolo dettaglio tradizionale è calato al 9%, il libero servizio al 5%. Naturalmente cambia ancora lo scontrino, rispetto ai due anni precedenti. Dopo mesi di crescita ininterrotta l’Ismea segnala contrazioni di spesa importanti per carni, salumi e lattiero caseari. Ma non c’è una corrispondenza univoca fra i cibi più cari e quelli che scendono di più. Almeno in volume. Certo, fra le referenze che sono rincarate più delle altre negli anni dell’inflazione a due cifre, la tendenza è al calo dei volumi di vendita. È il caso, ad esempio, di caffè e te, ma anche dell’olio extravergine d’oliva che nei primi nove mesi del 2024 ha fatto registrare prezzi in aumento del 40%. Ma il calo dei volumi dell’oro verde, pur a fronte di aumenti che in taluni casi hanno condotto al raddoppio del cartellino- soprattutto fra i prodotti di fascia bassa - si è fermato al 5%.
Al contrario crescono gli acquisti della birra i cui prezzi sono saliti ancora dell’1% da gennaio a settembre, di frutta fresca, rincarata del 2,6% anche per la crisi idrica nel Mezzogiorno. E crescono pure, seppur di poco (+0,2% in volume e +1% in valore), le vendite di piatti pronti, nonostante i cartellini della gastronomia, già alti, siano aumentati ancora dello 0,8%.
Fra le referenze che calano (-1,6% in volume e -6,1% in valore) c’è la pasta di semola, nonostante i prezzi di vendita siano scesi del 4,5%. Fra le fonti di carboidrati, però, il pane anziché calare in volume cresce dell’1,2%,confermando un’inversione di tendenza che vedeva da decenni calare ininterrottamente gli acquisti di sfilatini, rosette e micconi. Lieve aumento degli acquisti di riso (+0,2%), a fronte di un calo di prezzo di poco inferiore al 5%.
Sugli alimenti proteici di origine animale c’è da rilevare i forti cali in volume di carne suina (-3,9%) e carne bovina (-3,3) con prezzi in aumento rispettivamente del 2,2% e dell’1,1%. Crescono invece le vendite di uova (+4%) e carne di pollo (+1,9%). Fra le referenze con vendite in aumento ci sono pure i prodotti della quarta gamma (+1,8%), vale a dire l’ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo che si distingue per prezzi anche molto superiori all’ortofrutta sfusa. Per altro salgono pure le quantità di frutta fresca acquistata (+1,1%), ortaggi e legumi (+2,5%) che finiscono nel carrello degli italiani.