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Dopo i silenzi sull'auto, l'ultima follia del Pd: vuole regalare 4 miliardi a Stellantis

Sandro Iacometti
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Un fondo Ue ad hoc perla transizione green dell’auto, il ripristino dei 4,6 miliardi stanziati nel 2022 dal governo Draghi per l’automotive, la riattivazione del progetto per la Gigafactory di Termoli finanziata generosamente dallo Stato. Secondo il Pd (e gran parte della sinistra) basta sborsare un po’ di soldi dei contribuenti per risolvere la crisi di Stellantis e quella globale dell’auto. Per carità, il sostegno pubblico, arrivati a questo punto, sarà inevitabile per evitare una rivolta sociale provocata da decine di migliaia di lavoratori licenziati o in cassa integrazione. I segnali arrivati in questi giorni dalle aziende dell’indotto, con centinaia di licenziamenti annunciati, non fanno presagire nulla di buono su questo fronte.

Ma davvero vogliamo credere che lo Stato potrà farsi carico di tenere in piedi una filiera che complessivamente, tra industria e servizi, dà lavoro ad oltre un milione di persone e ha un peso sul pil del 18%? Per quanto? E con quanti soldi? Le richieste che da qualche giorno Elly Schlein, uscita dal torpore in cui lei è stata per mesi e in cui il Pd è rimasto praticamente dal 2021, quando applaudiva alla nascita del nuovo player Stellantis incurante delle possibili conseguenze sulla produzione italiana, snocciola davanti alle fabbriche ed ovunque si trovi, non sono così dissimili da quelle su cui ha martellato per mesi in materia di sanità. Per risolvere il problema basta aumentare i fondi pubblici. E poco importa poi se le Regioni li sprecano, li spendono male o non li spendono affatto, come è capitato con i fondi per ridurre le liste di attesa.

 

 

 

A fare polemica tanto per farla siamo bravi tutti. Ma continuare a raccontare la frottola che i problemi della sanità e quelli di Stellantis siano colpa di questo governo perché non sgancia i quattrini significa tifare per il caos. Come del resto fanno da tempo gli amici della Cgil.

Per sistemare la sanità italiana, malata da decenni, non bastano davvero un po’ di risorse messe sul tavolo (che peraltro sono state messe). Così come non bastano quelle che si potrebbero destinare a Stellantis, in mancanza di un cambio di rotta non solo industriale, ma anche normativo. Cambio di rotta di cui però non fanno alcun cenno né la sinistra né il gruppo. Quest’ultimo vuol farci credere che Carlos Tavares è stato un incidente di percorso. E senza di lui tutto tornerà a posto. Mentre la sinistra nei suoi sproloqui contro il governo si è ben guardata dal citare il green deal, da cui tutto discende.

 

 

 

Tanto per avere un’idea, senza una repentina marcia indietro, dal prossimo anno, cioè domani, scatteranno le multe per chi non rispettai target di emissione di CO2 e di quote di auto elettriche prodotte. Il che significa che tutte le case automobilistiche europee rischiano sanzioni che possono arrivare fino ad un totale di 15 miliardi. La questione è tutt’altro che peregrina.

Vogliamo dare soldi pubblici a Stellantis per fargli pagare le multe imposte dalla Ue? In altre parole, vogliamo scaricare sui contribuenti il costo di decisioni folli di Bruxelles che hanno terremotato il settore dell’auto e rischiano di gettare in mezzo alla strada decine di migliaia di lavoratori? A dirlo non sono i “negazionisti climatici” del centrodestra, ma i produttori di auto.

Quelli europei rappresentanti nell’Acea, ad esempio, dove Stellantis, per dare il segno del nuovo corso ha deciso di rientrare dopo quasi due anni di assenza. Nel dare il suo benvenuto al gruppo franco-italiano, il presidente Luca De Meo, allievo di Marchionne oggi alla guida di Renault, ha spiegato che «data la crisi senza precedenti di competitività per l'Europa, e la necessità collettiva di affrontare le sfide della trasformazione verde, è più importante che mai restare uniti. I membri dell'Acea possono essere concorrenti sul mercato, ma tutti quanti condividono lo stesso obiettivo: una transizione competitiva e sostenibile alla mobilità a zero emissioni, in un'Europa che possa mantenere la sua posizione globalmente». Il che significa, perché l’Acea lo chiede da mesi, bloccare le sanzioni il prossimo anno e rinegoziare le scadenze dello stop ai motori endotermici.

Ecco, di questo dovrebbe ora occuparsi Stellantis piuttosto che andare col cappello in mano a Palazzo Chigi. E di questo dovrebbe occuparsi soprattutto Elly Schlein, considerato che i socialisti europei (il Pd ha la rappresentanza più grande nel gruppo), a partire dalla neo commissaria al clima Teresa Ribera, sono il principale ostacolo alla conversione pragmatica ed economicamente sostenibile del green deal. Ieri il capodelegazione del Pd all’Europarlamento, Nicola Zingaretti, si è limitato a dire che «il governo deve muoversi», perché serve «tutelare il lavoro e costruire una nuova idea dell'industria automotive». Volete sapere qual è l’idea? Andare avanti sull’auto elettrica, «creando sinergie tra automotive, industria digitale e settore aerospaziale». Forse il Pd dovrebbe farsi due chiacchiere con l’odiato Elon Musk.

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