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Interessi all'1 per cento solo se hai 250mila euro

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Vittoria Leoni
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Due mondi paralleli che non c’è modo di far comunicare tra loro. Già perché se negli ultimi anni- grazie alla politica monetaria portata avanti dalla Banca Centrale Europea per ridurre l’inflazione - da un lato le banche italiane hanno realizzato utili monstre con l’aumento dei tassi di interesse, dall’altro lato i risparmiatori non hanno avuto benefici di alcun tipo e, per di più, hanno continuato ad avere tassi “rasoterra” sui conti correnti. I depositi della maggior parte dei correntisti italiani sono stati remunerati con tassi medi compresi tra lo 0,15 e lo 0,35 per cento.

Solamente i depositi superiori ai 250mila euro hanno ottenuto interessi leggermente più alti, come l’1,57% registrato in Trentino-Alto Adige per le imprese. Solo i grandi depositi, quelli che conti correnti superiori ai 250.000 euro, riescono a ottenere tassi più elevati, con un massimo dell’1,57% registrato nel Trentino-Alto Adige per le imprese e dell’1,31% nel Lazio.
Comunque, anche in questi casi, i tassi restano largamente insufficienti rispetto al rendimento dei titoli di Stato, che offrono oggi il 4% sui Btp a breve termine. La situazione è ancora più marcata per le famiglie.

È ciò che emerge da un interessante report realizzato dal Centro studi di Unimpresa secondo cui l’analisi dei tassi d’interesse passivi (i depositi, per capirci) applicati dalle banche italiane mostra un quadro che lascia i correntisti fortemente penalizzati. Per i depositi inferiori a 50mila euro i tassi medi si sono attestati in un range compreso tra lo 0,15% e lo 0,20 per cento, senza significative differenze tra Nord e Sud della Penisola. E nonostante il costo del denaro sia ancora al 3,25% (fino a pochi mesi fa era al 4,5%) i gruppi bancari non remunerano i depositi di famiglie ed imprese. Un comportamento che alimenta un’enorme disparità tra i tassi attivi (leggasi prestiti e mutui) e i tassi passivi (depositi). Il sistema bancario italiano, infatti, ha beneficiato in modo diretto degli aumenti dei tassi Bce, vedendo crescere significativamente i margini d’interesse. Gli utili netti delle banche lo dimostrano: ai 16,4 miliardi di euro di utili profitti 2021, ai 25,4 miliardi del 2022 e ai 40,6 miliardi del 2023, potrebbero sommarsi, secondo stime preliminari, altri 50,2 miliardi del 2024, per un totale, nell'arco di quattro anni, di oltre 132 miliardi di profitti.

Un risultato record sostenuto dall'espansione della forbice dei tassi. Mentre i mutui a tasso variabile hanno raggiunto, nel 2023, punte del 6%, e i finanziamenti alle imprese superano spesso il 7%, i depositi a vista continuano a essere remunerati con tassi medi tra lo 0,15% e lo 0,35%, con pochissime eccezioni. In alcune regioni del Sud, come Calabria e Basilicata, la remunerazione per le famiglie è ancora più bassa, e si attesta rispettivamente allo 0,46 e 0,80% per i grandi depositi, con tassi prossimi allo zero per le fasce più basse. L’analisi regionale conferma come i tassi passivi non solo siano bassi, ma rispecchino pure le profonde disuguaglianze economiche del Paese. Nelle regioni del Nord, come Lombardia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, i depositi delle imprese con saldi superiori ai 250mila euro vengono remunerati con tassi compresi tra l’1,26 e l’1,57%, a fronte di valori inferiori all’1 per cento nel Sud e nelle Isole.

«Le giustificazioni delle banche sono, come sempre, sfacciate. E di questo tema il governo Meloni dovrebbe occuparsi seriamente, lasciando al mercato la definizione degli assetti di controllo» ha spiegato Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Uinmpresa che aggiunge, «la politica deve star fuori dai cda dei gruppi bancari, ad esempio non entrando nel merito dell’operazione UnicreditBanco Bpm, ma dovrebbe prestar attenzione ai comportamenti del settore e alle strategie, definite dai board, assai penalizzanti per i clienti beffati».
La forbice dei tassi «è infatti diventata un sistema per arricchire gli azionisti, mentre i correntisti sono trattati come clienti di serie B» ha proseguito Spadafora, «evidenziando l’asimmetria che emerge dai dati regionali. Al Sud gli interessi sono ridicoli che al Nord. In tutta Italia, comunque, la realtà è che il nostro sistema bancario non è mai stato così sbilanciato: le banc

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