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La sinistra si accorge dell'auto e va in piazza con le tute blu

Vittoria Leoni
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Nonostante la pioggia ieri la sinistra è nuovamente scesa in piazza. Ma almeno stavolta, non contro il governo, non per dire no alla manovra dell’esecutivo Meloni e nemmeno contro la sanità, ma a fianco delle tute blu. Incredibile dictu dirà qualcuno visto che non accadeva da tempo: per l’opposizione - ieri hanno sfilato pure tutti i leader, compresi Schlein a Conte - è stato una sorta di ritorno al passato che ha fatto molto pensare quanto i sinistri siano cambiati negli ultimi anni. L’occasione, del resto, era particolarmente succosa visto che si trattava della manifestazione unitaria dei confederali con la Cgil- e soprattutto la Fiom in prima fila- con il segretario generale, Maurizio Landini a mo’ di apripista. Al suo fianco i vertici di Cisl e Uil. Tutti insieme sotto lo slogan “Cambiamo marcia: acceleriamo verso un futuro più giusto”. Nel mirino, inutile dirlo, c’è pure il governo.

Dopo 30 anni ieri i sindacati dei metalmeccanici sono ritornati in piazza per difendere l’occupazione e per rilanciare il futuro dell'industria dell’auto in Italia, a partire dagli impianti di Stellantis, sempre più vuoti di vetture (che non si riescono più a vendere) e di operai dal momento che la Cassa vige sovrana da troppo tempo. In piazza ieri erano in 20mila e tutti chiedevano sostegno per il nostro automotive. Forse con troppo ritardo visto che le prime avvisaglie di quel che stava per accadere risale a diversi anni fa. Precisamente ai tempi della svendita di Fca e alla successiva nascita di Stellantis, applaudita dall’allora governo giallo-rosso.

 

 

Una questione assai sottovalutata, specialmente dalla sinistra, sempre timorosa di schierarsi contro gli Agnelli-Elkann, padroni della stampa amica e che ora - anche grazie al pressing del Green Deal imposto dai vertici Ue, con il sostegno entusiasta di M5S e Pd- ha portato alla situazione drammatica in cui ci troviamo. «In Italia stiamo producendo 300mila auto in meno, ma noi avremmo la capacità produttiva per 1,5 milioni» ha ripetuto ieri più volte Landini aggiungendo che «c’è il rischio concreto che si cancellino posti di lavoro e si indebolisca il settore industriale. Serve un piano straordinario di investimenti» ha ribadito il numero uno della Cgil che ha chiesto alla premier di convocare i vertici di Stellantis con l’ad, Carlos Tavares, le aziende della componentistica e i sindacati per definire un piano industriale di rilancio. Non possiamo più aspettare: paghiamo errori e ritardi, anche sull'auto elettrica. Serve insieme una discussione a livello Ue».

La risposta dell’esecutivo arriva da Torino, dove il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha assicurato che oggi «convocherà l’azienda per convincere Stellantis che qui è il luogo migliore dove investire: dove è nata l’auto, dove con l'auto sono nati l’industria italiana e l’orgoglio del Made in Italy». A dire la sua ieri è stata anche la stessa Stellantis: «La fase di transizione del settore automobilistico verso modelli di produzione sostenibile e verso l’elettrificazione della mobilità, in linea con gli obiettivi del Green Deal posti dall’Ue, rappresenta la matrice del disagio alla base dello sciopero. Di questo Stellantis è pienamente consapevole. E la manifestazione è stata alimentata dalla preoccupazione per il conseguente attuale calo della produzione nei siti italiani del Gruppo, ma anche dalle ricadute su tutta la filiera». Insomma, nonostante i guai fatti ora accusano il governo di aver completamente abbandonato gli operai.

 

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