Fiat, l'ex viceministro rivela: "Ha ricevuto aiuti per due volte il suo valore in Borsa"
«Tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’90, tra sostegni diretti e indiretti, lo Stato italiano ha immesso quasi due volte il valore di Fiat in Borsa in quel momento. È come se il contribuente italiano l’avesse comprata due volte». Sulla crisi di Stellantis interviene anche Mario Baldassarri, ex viceministro dell’Economia del governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Intervistato dall’AdnKronos, Baldassarri ha riassunto la storia del gruppo, che si trova ad affrontare un pesante calo della produzione e delle vendite, che colpisce soprattutto l’Italia e che ha condotto l’ad Carlos Tavares tra i banchi di Montecitorio, dove venerdì è stato ascoltato dalle Commissioni attività produttive di Camera e Senato. Per Baldassarri la crisi dell’automotive dipende da diversi fattori. C’è infatti un problema che riguarda tutto il settore, e non solo Stellantis, di cui è presidente John Elkann. «Tutta Europa è arretrata di vent'anni e l’accelerazione sull’elettrico, da un punto vista di strategia industriale, è un suicidio masochistico perché significa che decidiamo di comprare le macchine cinesi». Motivi che, secondo l’ex viceministro, dovrebbero spingere l’Unione europea a riflettere «bene su questo punto».
Tuttavia, questo scenario - ancorché difficile - non giustifica, secondo Baldassarri, la richiesta di nuovi incentivi da parte di Tavares. Poi c’entra pure il progressivo disimpegno dell’ex Fca in Italia, frutto, questo sì, di una precisa volontà industriale. Disimpegno che si è concretizzato in seguito alla fusione con Peugeot, dopo il risannamento della Fiat realizzato da Sergio Marchionne. «Il cervello dirigenziale di Stellantis non è a Torino. È fuori dall’Italia, che è considerata un mercato vendite» ha spiegato Baldassarri. «In questo disegno, il ragionamento di Tavares è quantomeno offensivo dell’intelligenza umana». Durante l’audizione, l’ad di Stellantis, prosegue l’ex viceministro, «ha detto che produrre in Italia costa troppo e non è competitivo e questo potrebbe essere un dato vero. Però quando dice che per mantenere la produzione nel nostro Paese servono altri incentivi per aiutare i consumatori sembra i Conquistadores che in America centrale con quattro vetrini volevano comprarsi l’oro». Senza contare che «un incentivo al consumatore alla fine va nelle tasche di chi vende».
Mario Sechi: Bruciano soldi e poi battono cassa
«E inoltre, il rischio è che non possa nemmeno finire a Stellantis ma alle aziende cinesi, perché i consumatori non sono vincolati a compare da un marchio specifico» ha concluso Baldassarri. Per il centro studi Promotor però la colpa della crisi di Stellantis non è soltanto di Tavares. Perché la flessione delle vendite riguarda tutti i produttori, non solo l’ex Fca. «L’intero mercato europeo sta marciando all’80% delle immatricolazioni rispetto alla situazione ante -crisi» ha detto il presidente di Promotor, Gian Primo Quagliano, all’AdnKronos. I motivi sono molteplici: dalla congiuntura economica internazionale alle carenze della rete infrastrutturale italiana. Ma la ragione principale della crisi è una: «La politica dell’Ue sulla transizione, che ha creato moltissime difficoltà. Nessuno, nel mondo, ha fatto una politica in cui impone l’auto elettrica». Il crollo delle vendite è la dimostrazione, secondo Quagliano, che «l’auto elettrica si acquista solo se ci sono gli incentivi e quando finiscono si ferma». «La politica europea» ha concluso il presidente di Csp, «ha aperto la strada alla penetrazione cinese a cui si è cercato di rimediare con i dazi a cui però la Cina risponderà a sua volta, visto che sta pensando di fare altrettanto con l’import sulle auto d gamma media, che sono quelle prodotte in Europa».