Soltanto una Ue coesa può fronteggiare Usa e Dragone: quali rischi corriamo
Eurolandia si trova ad affrontare l’ennesima sfida economica che ha e avrà forti ripercussioni sul sistema sociale, mi riferisco alle importazioni dalla Cina e all’assoggettamento delle merci nello specifico le auto - in entrata con un dazio del 35% che va addizionato al precedente 10%.
È bene ricordare, in merito al tema dazi, che gli Usa applicano una percentuale del 100%, pur avendo le auto cinesi un’incidenza inferiore a quella che hanno rispetto al mercato Ue. Non c’è quindi da stupirsi se anche il Vecchio Continente applica - e parimenti subirà dazi - le cui reciproche incidenze sul import-export dovranno essere valutate solo successivamente alla reale dimensione delle merci. Per quel che attiene all’auto potrebbe rivelarsi un boomerang se la patria di Mao riuscisse e realizzare fabbriche “cacciavite” ovvero dell’assemblaggio delle vetture realizzate in Cina e formattate in Italia.
Il caso Volvo, marchio storico svedese passato in mani cinese, i cui prodotti sono in parte ancora realizzati in Svezia, in parte in Cina e in parte negli stessi Usa, consente di capire che nè noi, nè gli statunitensi potremmo applicare dazi in ragione delle fabbriche prodotto degli Usa in grado di esportare nella stessa Europa.
D’altronde la disparità di costo tra le auto di qualunque motorizzazione realizzate in Cina e quelle in Europa, e/o negli States, è superiore di una percentuale che oscilla tra un minimo del 50% e il doppio, grazie al contributo dello Stato cinese che hanno ricevuto. Diventa indispensabile porre un freno all’importazione, ma parimenti definire una governance Ue in grado di produrre a condizioni più favorevoli, ottenere sostegno comunitario paritetico e allargare il confine delle produzioni agli accessori specie delle componenti elettroniche - leggasi microchip- da produrre in Eurolandia. Serve una crescita comunitaria, che porti a un rafforzamento nei mercati chiave, e derivi da comparti manifatturieri e finanziari più integrati e competitivi, in modo da riuscire a crear valore per tutto il sistema socio economico-comunitario.
Eurolandia non solo deve fronteggiare la concorrenza di Cina e paesi limitrofi, e in un futuro sempre più prossimo pure dell’India, ma anche del suo miglior alleato, gli Usa, che però è anche un grande competitor che supporta l’attrattività Ue con flussi turistici ad alto potere d’acquisto e che negli ultimi 12 mesi per Italia e Francia ha rappresentato una componente essenziale per sostenere il pil. Quindici anni fa Usa ed Eurozona avevano un pil equivalente, ora quello di Eurolandia è di circa 15 trilioni di dollari, quello Usa è poco inferiore al doppio. Un ulteriore dato sconfortante riguarda la popolazione, quella dell’Ue è di 450 milioni, rispetto ai 340 milioni degli Stati Uniti, eppure realizza il doppio.
Puntare a recuperare parte del divario è possibile, ma oggi nessuna nazione Ue è in grado di esprimere appieno il suo potenziale senza il successo comunitario. Il livello nazionale è importante, ma senza un forte quadro europeo sovra ordinato non potrà essere raggiunto compiutamente il suo potenziale. Le nazioni Ue devono lavorare insieme, senza farsi concorrenza, e farlo in maniera concreta così da rimuovere le barriere che ne impediscono la crescita, tra cui spiccano la differente fiscalità e il modello sociale di quiescenza, che vanno resi omogenei. Solo così si potrà realizzare una Ue forte, competitiva e coesa.