Repubblica, sul sito il nome della testata si colora di giallo per Dior: giornalisti in rivolta
Da Eugenio Scalfari a Christian Dior il passo è più breve di quanto si immagini. La Repubblica si è ingiallita e non centra nulla l'età del quotidiano della famiglia Elkann. Il giornale che piace tanto alla gente che piace ha optato per un cambio cromatico dopo 48 anni di storia. Il nome della testata passerà dal rosso al giallo. Una scelta dovuto a una strategia di marketing, per coordinarsi con la pubblicità della più importante casa di moda al mondo: Dior.
Il 12 settembre del 2024 il sito di Repubblica sarà colorato di giallo. E questa è solo l'ultima iniziativa di marketing adottata dalla proprietà. Ma questa volta la redazione è insorta. I giornalisti infatti si sono chiesti se fosse davvero possibile che il marchio della loro storica e gloriosa testata fosse stato adattato all'esigenza di un profumo Dior da pubblicizzare. La risposta è stata no e hanno deciso di preparare un duro comunicato del Cdr. Nel bel mezzo della protesta - come ricorda il Secolo d'Italia -, il colore giallo è svanito.
Di seguito il comunicato del Cdr di Repubblica. "Ieri, la testata di Repubblica online ha perso il suo abituale colore per far spazio a un giallo ‘griffato’, iniziativa collegata alla pubblicità di un marchio di moda. Non sfuggirà il valore simbolico: una testata giornalistica, che si definisce indipendente, pronta ad ‘affittare’ il proprio nome su richiesta di un inserzionista (o su proposta della concessionaria della pubblicità). Scelte di questo tipo, che possono pure avere un senso economico nell’immediatezza, rappresentano invece una pesante ipoteca sulla reputazione del giornale".
E ancora: "Ma occorre voler bene a Repubblica per capirlo. La gestione degli ultimi anni del gruppo Gedi, o per meglio dire ciò che ne rimane, conferma invece quel che ribadiamo da tempo: questo management non ha nessuna passione editoriale né rispetto per la missione che ci siamo dati, cioè il giornalismo. Vorremmo dire che non siamo in vendita e che non tutto può essere vincolato a interessi altri rispetto al giornalismo. Ma questa purtroppo rimane una enunciazione di principio, visto che ogni nostra sollecitazione e protesta è finora caduta nel vuoto. Per fortuna ci resta la libertà di parola e in questo caso di denuncia: tutto ciò non sta avvenendo in nostro nome”.
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