Joseph Stiglitz smentisce le cassandre rosse e viene subito oscurato
Un’Italia che arranca; prospettive economiche ballerine, inquietanti; mancanza di idee, coraggio e visione: questi gli elementi che uniscono il filo rosso della narrazione proposta dai leader d’opposizione nella loro sfilata domenicale a Cernobbio, liturgia economico-finanziaria di fine estate. Prendiamo Elly Schlein, secondo la quale «la manovra» a cui sta lavorando il governo «sarà senza respiro, senza anima. Cercheremo di dare un contributo perché il Paese deve crescere». Concetti dal sapore filosofico - «anima» - per dare concretezza a una critica economica, chiacchiere contro cifre. Peccato che le cifre – Pil, disoccupazione ai minimi dal 2008, reddito pro-capite - smontino le sue chiacchiere. Ma Elly tira dritto: «Il governo ha dimostrato di non saper rilanciare l’economia, vive di rendita».
Poi Giuseppe Conte, siamo sempre a Cernobbio: «La politica economica di questo governo? Nuove tasse, ulteriori tagli e puntare sul lavoro povero». E ancora: «Qualche giorno fa abbiamo sentito la presidente Meloni sciorinare una lista di record isolando alcuni dati», quelli a cui abbiamo accennato qualche riga più su, «l’ho vista più prudente nell’intervento che ha fatto da voi al Fourm. Non possiamo essere tranquilli», profetizzava. Menzione d’onore per Carlo Calenda: «Questo governo non riesce ad amministrare il Paese». Amen.
PAROLA ALL’ECONOMISTA
Qui non si vuole contestare la narrazione della sinistra parlando di miracolo economico, anche perché la Fiat non esiste più e di altre 500, ne siamo certi, non ne arriveranno. No, non c’è nessun miracolo in atto. Anzi, guardare al futuro con convinto ottimismo non è esercizio semplice. Qui, semmai, contestiamo la narrazione della sinistra limitandoci a riportare un’altra narrazione, proposta sempre a Cernobbio da Joseph Stiglitz: premio Nobel per l’economia nel 2001, vate per gli economisti progressisti, simbolo di quella Columbia University che è la Mecca del wokismo, già consulente dei democratici Usa nonché della presidenza Clinton e oggi fervente sostenitore di Kamala Harris («Se Trump vince le elezioni, la democrazia è in pericolo»). Insomma, una mente al di sopra di ogni sospetto.
«La crescita italiana recente è nella media europea, il problema è che la crescita europea è anemica. Ma quello che importa è che il reddito pro-capite (italiano, ndr) cresce un po’. Non è entusiasmante ma non è nemmeno tanto male», spiegava Stiglitz intercettato dal Tg3 al Workshop Ambrosetti. E ancora: «Sono ottimista sull’Italia, che ha punti di forza importanti, per esempio nelle sue piccole e medie imprese che fanno innovazione. Non credo che l’Italia abbia fatto tutto il necessario per aumentare la crescita, ma molto di quello che va fatto deve farlo l’Europa. Serve un sistema fiscale europeo e strumenti come gli Eurobond».
Ci si permetta una piatta esegesi delle sue parole: l’Italia, oggi, naviga in acque migliori rispetto al resto d’Europa. E se la crescita arranca i principali responsabili sono di stanza a Bruxelles. Il tutto con buona pace di chi, come Schlein, parla di «governo incapace» e di chi, come Conte, per il rilancio vorrebbe appagare la sua sete di tasse (è tornato a invocare una gabella sugli extra-profitti bancari).
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QUESTIONE DI TASSI
Stiglitz ha poi detto la sua sulle politiche delle banche centrali. «La mia opinione è che i tassi di interesse sono stati alzati troppo in fretta peggiorando il problema dell’inflazione, perché hanno colpito gli investimenti. Non hanno capito da dove veniva l’inflazione e hanno sbagliato».
Un pensiero che, per inciso, coincide con quello di Meloni, delle forze di maggioranza e delle opposizioni. Il pensiero di tutti. E insomma il pensiero di tutti è decisamente più potabile, più funzionale alla narrazione. Risultato? I pochi titoli dedicati al Nobel, tra quotidiani e siti, convergevano sulle critiche a Bce e Fed. L’Italia che «non è nemmeno tanto male», puf, era sparita. Poi, certo, ci sono anche le interviste a Stiglitz di Stampa (7 settembre) e Repubblica (3 settembre). Interviste in cui esprimeva gli stessi concetti proposti al Tg3, pur insistendo sulla necessità per l’Italia di abbracciare e cavalcare il green-deal. Risultato? Questi titoli: «L’Italia si svegli, è ora di crescere. Il taglio dei tassi Bce non basterà» (Stampa); «L’Italia rischia la recessione. L’Europa faccia fronte comune» (Repubblica). Una questione di narrazione.
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