La grande frenata tedesca: crolla l'industria dell'auto, allarme rosso
Mentre il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è impegnato nelle baruffe all’interno della sua maggioranza, la grande locomotiva d’Europa rischia di finire su un binario morto. Almeno per un settore nevralgico come quello dell’automotive. La componentistica tedesca è in grande affanno. E negli ultimi giorni sono suonati ben tre campanelli d’allarme, uno dietro l’altro. Il primo riguarda la Bbs, storico produttore dei cerchi montati anche nei bolidi di Formula Uno. L’azienda di Schiltach, infatti, ha presentato istanza di insolvenza. E non è certo la prima volta. Già nel 2007 c’erano stati i primi segnali della “caduta” e nel 2023 è arrivata l’istanza che ha scaturito una acquisizone da parte della ISHManagement Services GmbH, una componente della galassia turca Holding. La situazione è di quelle fa scatenare il panico tra i dipendenti: in 240 sono rimasti senza stipendio. Gli unici sopravvissuti al drastico ridimensionamento che ha più che dimezzato le precedenti 500 unità del 2023. A quanto pare nelle ultime ore è stato portato a termine il versamento delle buste paga arretrate mala Bbs ha deciso di depositare i libri contabili al tribunale di Rottweil che ha nominato un curatore fallimentare.
Il secondo campanello d’allarme riguarda la ZF, l’azienda leader nella componentistica delle trasmissioni. Entro la fine del 2028 è previsto un taglio corposo del personale che porterà a una sforbiciata di 14.000 dipendenti sui 54.000 attualmente in catena di montaggio in Germania. Di fatto verrà sbalzato fuori dagli stabilimenti un quarto della forza lavoro. E su questo fronte gioca un ruolo importante la corsa forsennata verso l'elettrico. «Nonostante l’attuale situazione di mercato, una cosa è chiara: il futuro appartiene alla mobilità elettrica», ha affermato il Ceo Holger Klein, «continueremo a investirvi in maniera importante».
Ma a quanto pare è proprio sull’elettrico che a Berlino hanno qualche problema, ed è qui che arriva il terzo segnale di allarme. Infatti lo stabilimento Tesla (l’unico in Europa) di Grunheide, nei dintorni di Berlino, subirà una brusca frenata sui piani di espansione: «Siamo fiduciosi che il mercato riprenderà. Si tratta solo di quanto rapidamente e quando», ha fatto sapere il direttore della fabbrica André Thierig. Poi è stato più esplicito: «Non investiremo diversi miliardi per espandere la fabbrica senza segnali chiari dal mercato che ne abbia bisogno». E anche Thierig parla dei tagli al personale: «La nostra pianificazione iniziale all’inizio dell’anno prevedeva una crescita molto più forte, che non si è materializzata. Abbiamo rapidamente e silenziosamente ridotto 400 posti di lavoro con un programma di buonuscita attraente».
La fabbrica di Grünheide può contare su quasi 12.000 persone. Ma per il momento si parla di un aumento della produzione solo nel lungo periodo. Insomma, si scruta l’orizzonte togliendo però il piede dall’acceleratore. Le scelte saranno dettate dalla prudenza. E a completare il quadro c’è la bancarotta di Recaro, la famosa azienda teutonica che produce i sedili destinati alle auto da corsa (ma anche alle panchine di alcuni stadi d’Europa). La società è in crisi e ha presentato istanza di fallimento presso il tribunale di Esslingen. L’azienda è entrata già in amministrazione controllata. I 215 dipendenti rischiano il posto. E nonostante l’apertura al mercato dei seggiolini per bimbi, risollevare le sorti dello stabilimento di Kirchheim unter Teck, secondo gli analisti, appare una sfida ardua. A creare altri smottamenti nel settore ci sono anche i problemi di Bmw. La casa automobilistica tedesca richiamerà oltre un milione di autovetture in Cina a causa di potenziali rischi legati all’airbag, come ha fatto sapere l’Amministrazione statale per la regolamentazione del mercato (Samr) cinese, precisando che la misura interessa le autovetture prodotte e importate nel Paese asiatico dal 2003 al 2017.
Infine a completare il quadro di una economia ormai in crisi ci sono i dati del dall’ultimo sondaggio Pmi “flash”" Hcob elaborato da S&P Global che certificano una contrazione dell’economia tedesca anche ad agosto. L’indice Hcob Pmi composito ha registrato 48,5 punti, calando dai 49,1 di luglio e allontanandosi ulteriormente dalla soglia dei 50 che divide la crescita dalla recessione. Guardando ai singoli comparti, il settore manifatturiero ha mostrato un’ulteriore brusca frenata, attestandosi a 42,1 punti dai 43,2 del mese precedente, incassando così il quinto calo mensile consecutivo. Un “disastro” secondo gli analisti.