Superbonus, macigno perenne: peserà sul debito per decenni
Una cambiale da quasi 40 miliardi di euro all’anno da qui al 2026. Eccola l’eredità per le casse dello Stato del Superbonus 110 varato nel 2020 dal governo Conte, sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dal Pd. A fare i conti dell’impatto sul debito e sul deficit della maxi agevolazione edilizia è l’Osservatorio sulla finanza pubblica della Camera, che in un recente dossier aggiorna le stime alla luce della stretta apportata dal decreto del 29 marzo scorso (pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale). Un documento particolarmente interessante perché considera gli effetti del maxi emendamento del governo che ha spalmato su 10 anni (invece che su 4) le detrazioni per le spese sostenute quest’anno e il prossimo. Ma andiamo con ordine.
Tra il 2020 e il 2023, il Superbonus è costato 153 miliardi di euro e il bonus Facciate altri 23 miliardi. La conseguenza è stata un’esplosione del deficit: fino all’anno scorso i crediti edilizi venivano contabilizzati nell’anno in cui maturavano. Basti pensare al 2023, quando il 110 ha toccato l’apice: a fronte di una spesa di 81 miliardi, il disavanzo si è attestato al 7,2% del Pil, in peggioramento di 40 miliardi (1,9% del Pil) rispetto alle previsioni del Ministero dell’Economia. Insomma, un vero e proprio buco di bilancio causato dal meccanismo infernale dell’incentivo edilizio.
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L’impatto complessivo, invece, sale a 165 miliardi di euro se si considera l’intero periodo di vigenza del 110 (fino al 2036). Compreso il bonus Facciate, si arriva a 188 miliardi, quasi quanto il Pnrr (194,5 miliardi). Ma il problema grosso è l’impatto sul debito. Perché tutti i crediti di imposta generati dal Superbonus ridurranno il gettito fiscale quando verranno portati in compensazione delle tasse in quattro (o cinque, fino al 2021) rate annuali, aumentado così il fabbisogno dello Stato da coprire con l’emissione di titoli.
L’effetto maggiore, stimano i tecnici della Camera, si avrà tra quest’anno e il 2027. E non a caso, visto che la gran parte dei bonus edilizi (153 miliardi su 165 totali) si è generata tra il 2021 e il 2023. Ebbene, solo 20,6 miliardi si sono già scaricati sul debito, mentre il resto rimane ancora da pagare. Nel dettaglio, l’impatto crescerà dai 37,4 miliardi di quest’anno ai 38,5 il prossimo, per poi toccare quota 39 miliardi nel 2026, prima di calare a 21,5 nel 2027, anno in cui, si legge nel dossier, «si esaurisce la fruizione in quattro rate dei crediti di imposta relativi alle spese sostenute nel 2023».
Nel 2027 il debito generato dal Superbonus sarà pari a 157 miliardi di euro, ovvero il 6,6% del Pil. Dopodiché l’aumento sarà più contenuto per la ripartizione in dieci quote annuali delle detrazioni per i lavori realizzati nel 2024-2025. Si arriverà così a un conto finale di 165 miliardi nel 2036. Curioso, poi, che i tecnici della Camera alzino le braccia davanti al bonus Facciate: «Non si dispone di informazioni ufficiali riferite alla modulazione annua». Tradotto: non si sa quanto l’agevolazione voluta nel 2021 dall’allora ministro della Cultura, il dem Dario Franceschini, per rifare i palazzi dei centri storici, incide sul debito ogni anno. Un problema per la finanza pubblica, secondo i tecnici della Camera, potrebbe invece venire da Eurostat. Nel decreto sul Superbonus, infatti, si vieta alle banche di compensare i crediti di imposta acquistati (35 miliardi) con i contributi previdenziali dei dipendenti.
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Se questa disposizione dovesse incidere «in modo non trascurabile» sulla capacità degli istituti di usare i crediti che hanno in pancia, la classificazione dei bonus potrebbe cambiare. Da “pagabili”, potrebbero infatti diventare “non pagabili” per l’ente di statistica europeo, costringendo il governo a rifare daccapo i conti e ad allineare l’evoluzione di debito e deficit. Di conseguenza si gonfierebbe il disavanzo dei prossimi anni, quando i crediti verranno portati in compensazione, e si ridurrebbe quello degli anni scorsi. Una bella grana visti i paletti del nuovo Patto di Stabilità sui conti pubblici.
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