Stellantis, scarseggiano i brevetti: fuga dall'Italia anche sull'innovazione
La musica non cambia. Pochi giorni dopo aver annunciato la chiusura delle carrozzerie di Mirafiori fino ad agosto perché ancora non ci sono gli incentivi pubblici (anche se la 500 elettrica è venduta principalmente all’estero e le Maserati non rientrano nei sussidi perché di fascia troppo alta), ieri il presidente del gruppo in America latina, Emanuele Cappellano, ha annunciato un piano di investimenti da 400 milioni di dollari in Argentina per il periodo 2025-2030 perché c’è «molto potenziale». Ma se non bastassero i piani di crescita all’estero e la progressiva desertificazione delle fabbriche italiane a svelare i progetti di Stellantis (e degli Elkann-Agnelli) per il futuro, adesso si aggiunge un altro elemento. Oltre a ridurre significativamente la produzione, il gruppo ha iniziato ad abbandonare l’Italia anche sul fronte dell’innovazione.
I dati arrivano dall’European Patent Office, l’organismo Ue dove si depositano i brevetti scaturiti dall’attività di ricerca e sviluppo delle aziende. Da una casa automobilistica come Stellantis, che campa di progresso tecnologico e innovazione strategica per essere competitiva in un mercato che corre a velocità supersoniche, ci si aspetterebbe che ogni anno sommerga i funzionari preposti di valanghe di richieste, intasando gli uffici con scartoffie e documentazione. E invece, come riporta il Corriere di Torino, si scopre che lo scorso anno il gruppo guidato da un Carlos Tavares strapagato che vuole conquistare il mondo ha presentato la bellezza di tre brevetti. Tre. Una roba talmente misera che è stata superata persino dalla Lavazza, che ha invece depositato 11 pratiche. Ora, direte voi, anche per fare il caffé serve una tecnologia all’avanguardia. E questo non si discute. Ma è possibile che una multinazionale dell’auto in un anno riesca a sfornare solo tre brevetti?
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LUOGO DI REGISTRO
La spiegazione, ovviamente, c’è. Ma è davvero poco consolatoria. Non è che Stellantis abbia smesso di innovare, così come non ha smesso di sfornare nuovi modelli e di produrli. Semplicemente non lo fa più in Italia. Intendiamoci, il luogo di registro di una tecnologia di prodotto o di processo non necessariamente corrisponde al luogo dove si fa ricerca e sviluppo. È per questo, ad esempio, che Torino negli anni ha sempre primeggiato in Italia, seconda solo a Milano, nel deposito delle pratiche. Ad avvantaggiare il capoluogo piemontese è stata la presenza di grandi studi legali specializzati proprio nella preparazione della documentazione necessarie a presentare le richieste. Ma questo cambia poco la sostanza dei fatti.
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VINCE PARIGI
Se Torino è il cuore dell’automotive italiana ed è pure una città piena di azzeccagarbugli in grado di preparare le carte, come si spiegano quei tre sparuti brevetti presentati da Stellantis? Ed ecco la risposta. Volete sapere quanti brevetti Stellantis ha presentato a Parigi? Ben 1.500, battendo ogni record e ottenendo il primato di azienda più innovativa della Francia, davanti persino a all’industria della difesa di Safran e triplicando il volume delle richieste presentate dal competitor Renault. Insomma, il problema è l’Italia (dove complessivamente sono stati presentati appena 166 brevetti), non la voglia del gruppo di sperimentare nuove soluzioni tecnologiche. E tutti gli indizi sembrano portare proprio agli Elkann, non a strategie di gruppo che penalizzano casualmente il nostro Paese. Il crollo innovativo a Torino riguarda infatti tutta la galassia industriale riconducibile a Exor, la holding di famiglia. A contribuire al sensibile calo dei brevetti dell’area è stata anche CNH Industrial, il colosso delle macchine agricole da 25 miliardi di ricavi (controllato al 27% da Exor) che ha depositato nel 2023 il 36% di progetti in meno rispetto al 2022, passando da 94 a 39 richieste. L’altra azienda controllata dagli eredi degli Agnelli, la Iveco, con i suoi Tir e veicoli commerciali, ha invece presentato 33 domande di brevetto. Numeri che comunque fanno restare i due marchi nella parte alta della classifica regionale. Pur a fronte di un generale declino. Il Piemonte ha infatti registrato un decremento delle domande (441) del 9,4%, con Torino che si è fermata a 175 richieste. A crescere sul terreno dell’innovazione non c’è più l’automotive, ma altri settori: oltre al caffè, spiccano la chimica, l’aerospazio e la difesa, con aziende come Novamont e Microtecnica.