Fisco, evasori fregati dal parcometro: come vengono stanati i furbetti
Un po’ il Grande fratello, un po’ una polemica che non si cheta, un po’ lotta all’evasione. Però al posteggio col parchimetro. L’idea (che al momento è solo un’idea) è di Alessandro Rapinese. Il sindaco outsider di Como, né di destra né di sinistra né di centro, il civico dell’“antipolitica” (dopo ci arriviamo) che non ha niente a che vedere nemmeno col Movimento cinque stelle. L’ha spiegata, durante un’intervista alla trasmissione de La7 Tagadà, qualche giorno fa.
In pratica si tratta di una maxi operazione di controllo fiscale tramite le targhe automobilistiche. Funziona così: tu devi parcheggiare, giri in tondo per dieci minuti cercando uno stallo gratuito e non lo trovi (fin qui niente di strano, va così a Como ma va così ovunque), ti rassegni alle strisce blu, vai al totem per prendere il biglietto e digiti la targa della macchina. A quel punto il parchimetro si collega, senza che tu possa farci un accidenti, con l’ufficio tributi del Comune il quale, in automatico, fa una verifica al volo per vedere se hai eventuali pendenze.
Se è tutto a posto, cioè se hai pagato regolarmente le tasse locali, l’Imu, la Tari o quel che è, il parchimetro ti restituisce un biglietto con la tariffa agevolata per via degli sconti ai residenti che sono stati introdotti per calmierare il caro parcheggio. Se è che no, ossia se ci sono irregolarità, se ti sei dimenticato una rata di uno qualsiasi dei balzelli comunali, sborsi il prezzo intero del ticket, come se fossi un turista di passaggio o un pendolare che abita altrove.
SORPRESE
Ma non finisce qui. Nella seconda ipotesi, quella del “furbetto” o dello smemorato o semplicemente del ritardatario nei confronti del fisco municipale, oltre al tagliandino della sosta ti rifilano pure un avviso con su scritto: “Passa all’ufficio tributi perché abbiamo qualcosa da dirti”. Ovvio che il parcheggio ti va di traverso, ma non è quello il punto.
Il punto è che la misura appare (oltre che alquanto bizzarra, diciamo così) irrealizzabile e pure facilmente aggirabile, in un senso come nell’altro. Basterebbe usare la macchina di un altro, per esempio quella del nonno perché hai avuto un guasto alla tua, sei di fretta, devi fare una commissione per lui, mille ragioni: e allora che succederebbe? Alla guida ci sei tu, il parcheggio lo paghi tu, però ti devi chiedere se il nonno l’abbia saldata, ‘sta benedetta bolletta dei rifiuti? E se se ne è scordato (capita a chiunque)?
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Non solo (anzi, soprattutto): e la privacy? La questione è fondamentale e chi di trattamento dei dati personali se ne intende (come gli avvocati o gli esperti del settore) è già concorde nel dire che la trovata di Rapinese non sta in piedi. Anche se non ci sono i dettagli, anche se non c’è una delibera né un abbozzo di delibera, anche se il consiglio comunale comasco non l’ha ancora discussa ufficialmente. Elena Vimercati, per esempio, che è un legale (appunto) esperta di privacy fa notare che "chi inserisce la targa (in un parchimetro, ndr) non pensa di ricevere un accertamento fiscale. Il trattamento del dato andrebbe quindi oltre alle finalità richieste e i Comuni sono soggetti alle normative della privacy. Dovrebbero dare a tutti un'informativa".
Ché da una parte c’è l’evasione fiscale che, per carità, ci smentiamo tutti per la “malizia” di qualcuno e non è giusto; ma dall’altra c’è il buonsenso: va bene cercare di far cassa per le amministrazioni locali, però con modo e modo. Non è nemmeno la prima volta che Rapinese lancia una pensata del genere: ci aveva provato (ma gli è andata male, stessi problemi) nell’estate del 2022, questa volta coi rinnovi della carta d’identità. Il meccanismo era identico, per rifarla dovevi aver pagato la Tari.
PRIMO CITTADINO
Dev’essere uno che non demorde, il sindaco anti-politico di Como. Uno che di schierarsi non ci pensa ma che tutto sommato va perla sua strada (ci siamo arrivati): da quando è in carica ha sfrattato la bocciofila, ha chiuso due asili nido (non senza lamentele), ha di fatto bloccato il luna park cittadino riducendone sensibilmente l’area (anche qui, non senza levate di scudi) e prende (lo confessa lui stesso) «decisioni che non piacciono ogni tre minuti». Ecco. Ma i partiti, questa volta, a Como, c’entrano zero.
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